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Un anno di Quando l’attesa si interrompe

copertina libro gravidanza interrottaÈ già passato un anno. Era febbraio quando il libro dedicato ai bimbi “persi” e alle loro mamme è arrivato nelle librerie. Un libro scritto con il cuore, il mio e quello di tante donne che hanno partecipato con la loro esperienza a questo progetto.

Quando l’attesa si interrompe. Riflessioni e testimonianze sulla perdita prenatale è un libro “tosto”. È un libro che parla di dolore, uno dei più grandi, quello della perdita di un bimbo non ancora nato, ma che parla anche di speranza, di condivisione, di rinascita.

E rappresenta un passo. Un passo per uscire dal silenzio. Un passo per riconoscere un dolore, di cui nessuno sembra aver voglia di parlare. Un dolore che la società non riconosce, che tende a sminuire e banalizzare.

Per fortuna eri solo di tre mesi! Sei giovane, ne avrai altri! È la selezione naturale. Meglio adesso che dopo… Ecco le frasi che più spesso si sentono dire le donne che hanno perso un bimbo all’inizio dell’attesa. Frasi pronunciate con le migliori intenzioni, per carità, ma che non aiutano a sentirsi meglio… E così al dolore per la gravidanza interrotta, si aggiunge la consapevolezza di non essere comprese, di essere sole.

Quando l’attesa si interrompe è stato scritto per questo. Per riconoscere dignità a questo dolore silenzioso. Sono trascorsi dodici mesi e tante donne hanno letto queste pagine. Certo, non tantissime, non è un libro “di massa”, è un libro che parla di una situazione molto particolare e delicata. Ma è bello pensare che, forse, qualche donna può aver trovato un po’ di conforto leggendo le testimonianze di altre mamme o le riflessioni degli esperti, sensibili e competenti, che hanno partecipato al progetto.

Alcune di loro mi hanno scritto. E conservo nel cuore l’emozione provata nel leggere quelle email. Donne che ringraziavano per aver dato voce a questo dolore. E che ringraziavano perchè finalmente si sentivano “autorizzate” a soffrire… Una mamma ha scritto che anche grazie a questo libro “i nostri bimbi speciali non verranno dimenticati”. Che commozione davanti allo schermo del computer, leggendo queste parole. Colgo l’occasione per ringraziarle ancora.

E vorrei ringraziare anche chi – pur non avendo provato questa esperienza – ha letto questo libro per capire come stare vicino a un’amica, una parente, una persona cara che stava soffrendo. E i professionisti della salute che ne hanno suggerito la lettura. E, infine, chi lo ha letto solo per saperne di più su un argomento che, in fondo, dovrebbe essere più conosciuto e considerato.

Una piccola, grande nota di gioia e di speranza. Molte donne che avevano offerto la loro testimonianza per la sezione Voci di Mamme, in questi mesi hanno coronato il loro sogno di maternità. Il dolore ora è dietro le spalle, non dimenticato, questo no, ma trasformato in altro, in esperienza, umanità, capacità di accogliere e capire meglio il dolore altrui. Oggi hanno un bimbo tra le braccia e un bimbo nel cuore, che sarà sempre parte di loro e del loro essere madri.

Chiudo con un pensiero speciale, per chi, invece, ora sta soffrendo e ancora non riesce ad aprire il cuore alla speranza.

A tutte le mamme che custodiscono un bimbo nel cuore, un caro carissimo saluto.

Giorgia

Commenti (2)

  1. Giorgia cara,
    io questo libro non l’ho ancora letto, ma questa settimana è venuta in negozio a prenderlo una giovane ginecologa. Aveva appena finito di leggere “L’agricoltore e il ginecoloco”. Mi ha detto che in poche settimane le era capitata la terza interruzione di gravidanza, e che sentiva il bisogno di leggere qualcosa per affrontare questo momento. Quando tornerà, le chiederò sicuramente le sue impressioni. E’ bello sapere che anche in ospedale qualcuno abbia un punto di vista diverso, e che un libro come il tuo possa aiutare a cambiarlo…

    • Giorgia

    • 13 anni fa

    Sì, è molto bello quando i professionisti della salute si interessano anche al lato ‘umano’ e ai sentimenti delle persone. Non più solo pazienti da curare, ma esseri umani di cui prendersi cura…
    Già il fatto di interessarsi, mi sembra un segno di sensibilità. 🙂

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