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Un progetto per il bambino prematuro

bambino prematuroLa deprivazione prolungata di cure materne subita da un bambino può avere effetti gravi e prolungati sul suo carattere ed in tal modo su tutta la sua vita futura.” John Bowlby, 1953

La nostra vita lavorativa da qualche anno ci ha portato ad occuparci con sempre maggior frequenza di prematurità e di ciò che questo comporta nei bambini e nelle loro famiglie.

È nato così un percorso di sostegno alla genitorialità per le famiglie di bambini prematuri che si è concretizzato con un processo di sensibilizzazione sull’importanza del contatto corporeo all’interno delle terapie intensive neonatali.

Nello specifico il progettoUn abbraccio che fa crescere” nasce a fine 2009 con l’intento di dare valore alla “cura affettiva” del neonato prematuro come parte integrante della terapia neonatale, sostenendo al contempo i genitori e riconoscendo il loro ruolo terapeutico.

Il progetto, attualmente avviato presso gli ospedali Buzzi di Milano e Del Ponte di Varese, grazie ad un parziale finanziamento della Regione Lombardia e al pieno sostegno dei dirigenti delle Unità di Terapia Intensiva, ha previsto una prima fase di formazione degli operatori, attraverso l’organizzazione di corsi indirizzati al personale medico ed infermieristico dei reparti di Terapia Intensiva, e la consegna di materiale rivolto ad operatori redatto durante gli anni di studio e preparazione.

A questa fase sta facendo seguito, da mesi, una seconda fase di sensibilizzazione dei genitori. Questa si esplicita nell’insegnare ai genitori di bambini ricoverati in TIN ad utilizzare la fascia lunga porta bebè in reparto.

I reparti di Terapia Intensiva sono stati forniti di fasce lunghe Mammarsupio Biosoft (creata appositamente per portare i bambini prematuri) in numero pari ai posti letto disponibili. La fascia aiuta i genitori a sperimentare una piccola forma di autonomia negli spostamenti (per chi non è più monitorato perché in fase pre-dimissione) e aiuta i genitori a prendere confidenza con uno strumento che una volta tornati a casa potrà aiutarli nella gestione della quotidianità.

In realtà la fascia, che è uno strumento che a primo impatto sembra semplicemente “pratico”, diventa poi uno strumento relazionale che aiuta bambino e genitori a superare lo shock della nascita prematura e a recuperare il contatto di cui sono stati precocemente privati.

Ai genitori è inoltre distribuito materiale informativo e garantito, nei reparti, il sostegno mirato di operatori ospedalieri e di pedagogiste che forniscono la supervisione al progetto.

Una volta che il bambino sarà dimesso verrà donata ai genitori una fascia nuova identica a quella utilizzata in reparto. Chi lo desidera potrà inoltre beneficiare di una visita domiciliare ostetrica di supporto ai genitori nei primi giorni dopo il rientro a casa e incontri di confronto e scambio, tenuti da una pedagogista e un’ostetrica, che si tengono mensilmente presso le case di maternità di Varese e Milano.

Il successo di questo progetto (che è arrivato tra i cinque progetti finalisti del premio Sodalitas), unito alla soddisfazione dei genitori che periodicamente incontriamo nei reparti e agli incontri, ci sta dando la giusta motivazione che serve a diffondere questa buona pratica in altre Unità di Terapia Intensiva Neonatale.

Alessia Motta e Raffaella Doni

Per informazioni sul progetto mandate una mail a raffaella@focuscoop.it

Commenti (2)

  1. E’ interessante conoscere i progetti attivi nelle diverse TIN: il contatto e il latte materno sono ancora più importanti per quei bimbi e per quelle madri… Purtroppo però è più impegnativo e spesso manca il sostegno!!! Invito tutte la mamme che ci sono passate e tutti gli operatori sanitari a sensibilizzare i reparti e a promuovere iniziative formative del personale e di sostegno per i genitori dei piccoli ricoverati. Qui a Bergamo sto cercando di sensibilizzare il punto nascita in tal senso, ma da sola non è semplice ed efficace. Chi è interessato a confrontarsi mi può contattere tramite il blog o scrivendo a spazioneomamma@yahoo.it Grazie.

    • laura

    • 11 anni fa

    Sono nata nel 1963 di sette mesi con un peso di 1.800 gr. e sono stata isolata in incubatrice per 40 gg. senza nessun contatto con mia madre poichè a lei era precluso l’ingresso nel reparto. Tirava il suo latte e lo consegnava alle infermiere ma io non avendo potuto imparare ero alimentata con il sondino…Ho potuto comprendere solo da qualche anno tutte le incidenze che questa esperienza ha significato e ha comportato nella mia vita a partire da quell’esperienza in poi e quindi mi auguro che le condizioni di accoglienza dei bambini nati prematuri e delle loro mamme migliorino sempre più perchè è proprio la nascita il momento più difficile e pericoloso di tutta l’esistenza umana. Niente è più difficile e niente è più importante e dalle modalità in cui si è nati dipende la modalità con cui si vivrà.
    Saluti

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