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Le responsabilità nella coppia

responsabilità coppia direzioni diverseNonostante l’emancipazione e la maggior libertà di ogni individuo, i rapporti occasionali danno vita, sempre di più, a concepimenti indesiderati, con la conseguente accettazione passiva delle responsabilità che crescere, educare e amare un figlio comporta e che dovrebbero, invece, essere frutto di una scelta molto rigorosa e ponderata.

Le relazioni affettive entrano in crisi, a volte, sul nascere del cammino comune, perché manca la conoscenza fra i due partner e manca la disponibilità di ciascuno ad affrontare i sacrifici necessari per far crescere la coppia e infondere forza e determinazione nei momenti di difficoltà che, più o meno gravi, sono insiti in ogni rapporto.

Se un tempo la principale causa dei fallimenti della coppia erano i tradimenti, l’invadenza delle famiglie d’origine, la possessività e le prevaricazioni del coniuge economicamente forte, il condizionamento di fattori ambientali, oggi, invece, entrando nei frammenti di storia delle persone ci si rende conto, sempre di più, di come la crisi sia già insita nel rapporto sin dal suo inizio.

Causa l’assenza di consapevolezza, da parte degli sposi o dei conviventi, degli oneri che derivano dall’intraprendere una comunione di vita e di affetti: la diffidenza e il sospetto si sostituiscono, troppo spesso, alla reciproca fiducia sin dagli albori del vivere insieme, creando distanze e vuoti che, con il tempo, diventano incolmabili, trascinando la coppia nel vortice del fallimento.

Mettersi in gioco e correre qualche rischio dovrebbe essere del tutto naturale quando si ama e quando si ha fiducia nella persona che si sceglie come compagno di vita, ma quante volte assistiamo a storie di coppie che, deliberatamente, decidono di non condividere nulla e di tenere rigorosamente separati i rispettivi beni, vuoi per egoismo o vuoi per paura, per diffidenza, per non essere troppo invischiato nel rapporto ed essere autore esclusivo delle proprie fortune o ….sfortune.

Ogni partner tiene rigorosamente separati i propri beni e, semmai, spesso obtorto collo, contribuisce al menage domestico facendosi carico della metà delle bollette, dell’affitto e del vitto, cercando di tenere rigorosamente all’oscuro la compagna o il marito (il sesso in questo caso non fa differenza) dei propri redditi e delle proprie risorse patrimoniali, quasi si trattasse di un nemico pronto ad approfittarne alla minima occasione.

Ma allora, in un simile clima di diffidenza reciproca, ci si chiede come possa concepirsi ed attuarsi la condivisione di un impegno tanto assorbente quale è la genitorialità: è estremamente difficile, per non dire oggettivamente impossibile, condividere il ruolo di genitore quando non si sia disposti a condividere neppure qualche centinaia di euro su un conto corrente!

A conferma di quanto sopra, domenica 24 febbraio è stato pubblicato da La Stampa un articolo molto interessante che dà conto di come, nel nostro cattolicissimo Paese siano in vertiginoso aumento i ricorsi al Tribunale Ecclesiastico per ottenere la nullità del vincolo matrimoniale e di come siano, altrettanto sensibilmente, aumentate le pronunce di nullità motivate dalla immaturità – e si badi bene, “immaturità mentale” e non, “anagrafica” – di uno dei coniugi.

Un simile dato deve farci riflettere, perché immaturità è sinonimo di acerbità, di impreparazione all’assunzione di quelle responsabilità che mettere in piedi una famiglia inevitabilmente comporta.

E’ dunque fondamentale che chi si avvicini non solo delle nozze, ma anche ad una semplice convivenza, lo faccia attraverso un cammino di riflessione e di preparazione mentale e spirituale estremamente serio. Contrariamente a quanto molti ritengono, infatti, non è sufficiente scegliere di convivere senza optare per le nozze per scongiurare il pericolo di una crisi e per rendere, successivamente, più semplice la definizione dei rapporti della crisi.

Se questo può essere, di fatto, vero finché non vengano al mondo dei figli, allorché la semplice convivenza non genera diritti nè doveri fra i partner, la nascita della prole equipara, invece, le responsabilità a quelle scaturenti da un matrimonio, senza alcuna scappatoia e senza alcun alleggerimento degli oneri, con l’aggravante che, in entrambi i casi a far le spese dell’inconsapevolezza e della superficialità degli adulti sarà anche un terzo essere indifeso.

 

 

Avv. Paola Carrera

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