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Bambini e latte vaccino pastorizzato, gli effetti della glicazione

In un mio articolo recente sull’odierna convivenza poco pacifica tra bambini e latte vaccino pastorizzato industriale, soprattutto per i bambini adenoidei, abbiamo portato l’attenzione sull’aspetto metabolico della digestione del latte dal punto di vista proteico piuttosto che carboidratico.

Intendo dire che abbiamo riferito il fatto che, a giudicare dalla ricerca più recente, il problema della digestione del latte non si risolve banalmente rimuovendo il lattosio (carboidrato), perché il nemico numero uno sembra essere, di fatto, la caseina (proteina). Molti degli intolleranti al lattosio sarebbero, in realtà, allergici e/o intolleranti al prodotto della digestione della betacaseina A1, detta betacasomorfina7, con effetti finali di vario tipo –  elencati nell’articolo suddetto – e questo tipo di interazione sfavorevole peggiorerebbe gli effetti di una intolleranza al lattosio o, addirittura, arriverebbe a simularla.

Ricordiamo anche che il problema della digestione del latte vaccino pastorizzato industriale nei bambini tende ad ingigantirsi a causa di alcune peculiarità anatomofunzionali dell’età pediatrica:
– I bambini fino ai 12 mesi almeno hanno un intestino naturalmente permeabile, e questo rende più facile l’entrata della betacasomorfina7 nel circolo sanguigno.
– Le vaccinazioni in età neonatale hanno tendenzialmente l’effetto di prolungare lo stato di permeabilità intestinale oltre questi 12 mesi fisiologici.
– La casomorfina7, tra le altre cose, aumenta le caratteristiche di adesività del muco da noi prodotto in tutto il corpo. Conseguenza: la velocità di drenaggio del muco diminuisce e noi ci ritroviamo con il muco accumulato, se siamo bambini, soprattutto nelle alte vie respiratorie (seni paranasali, adenoidi, tonsille, gola ecc.).

Naturalmente questo succede a tutti, non solo ai bambini. Punti di accumulo sono anche le corde vocali. Chi le usa per motivi professionali (dai cantanti lirici alle star della musica pop) sa bene che per mantenere prestazioni di alto livello bisogna smettere di consumare latte e derivati (per avere un’idea di quanto le mucosità del latte aggravano i professionisti, tra cui molti dei nostri amati beniamini della canzone e della cinematografia, consultate Niente latte siamo a Hollywood di Lorenzo Acerra).
– I bambini piccoli hanno un’anatomia otorinolaringoiatrica diversa rispetto a quella degli adulti. Tutti gli organi contenuti tra naso e collo sono molto più ravvicinati, perché il collo nel bambino è più corto. Gli spazi sono gestiti “all’osso”. Per cui è essenziale che non si producano situazioni che riducano ulteriormente lo spazio già ridottissimo, come l’espansione delle adenoidi e delle tonsille per aumento della produzione di muco e riduzione del suo drenaggio da eccessivo consumo di latte e derivati.
Il latte vaccino, di per sé, non è un alimento cattivo. Fino a 80 anni fa esistevano cliniche in cui col latte vaccino si curavano un po’ tutte le malattie, in quanto serviva per mettere l’intestino ammalato in condizioni di riposo e “convalescenza”. Il latte usato, però, non era pastorizzato industrialmente, né prelevato da mucche che vivono in allevamenti intensivi.
– Anno dopo anno, generazione dopo generazione, si stanno accumulando gli effetti epigenetici transgenerazionali dell’essere cresciuti con le adenoidi e l’intestino in disordine. Ogni bambino/a adenoideo diventa potenziale genitore di bambini ancora più adenoidei, allergici, “intestino-permeabili” e dismetabolici di quanto non lo sia stato/a lui/lei alla stessa età nella sua generazione.

Fatta questa breve introduzione vorrei ora parlarvi del motivo per cui ci tengo sempre a precisare che è il latte pastorizzato industriale, ossia il latte cotto e magari addizionato con prodotti stabilizzanti per poter essere conservato il più a lungo possibile, che non sta dalla parte del consumatore. Questo tipo di latte fa bene, ma solo a chi lo vende.

Cosa succede al latte, o meglio a un alimento proteico, quando viene cotto?

Facciamo un passo indietro e introduciamo la figura del Prof. Robert Bartlett Elliott (Bob), da cui è partita la scoperta dei diversi effetti del latte A1 e A2 descritti nell’articolo precedente.
Elliott già nel 1993 stava indagando sull’incidenza di diabete tipo 1 dieci volte superiore tra i bambini samoani che vivono in Nuova Zelanda rispetto quelli che invece vivono a Samoa. Una differenza così enorme in gruppi umani di uguale provenienza etnica può essere motivata solo da fattori ambientali, come quelli dietetici per esempio.

Elliott aveva motivi per credere che il responsabile fosse il latte, consumato molto più in Nuova Zelanda che a Samoa. Così contattò Jeremy Hill, un esperto di chimica del latte del NZDRI (la Centrale del Latte neozelandese). Hill, per la sua posizione di “addetto ai lavori”, era già al corrente della storia della betacaseina A1 e la comunicò così a Elliott che proseguì sulla strada di cui abbiamo parlato (latte A1, latte A2, casomorfina7 da betacaseina A1 ecc.).

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Ormai il dibattito sulle casomorfine e le differenze tra le varietà genetiche di latte sono noti alla comunità scientifica internazionale, ma Elliott è voluto andare oltre e nel 2006 ha pubblicato un articolo (Elliott, R.B., “Diabetes – A man made disease”, Med Hypotheses 2006 Volume 67, Issue 2, Pages 388–391), che mette in collegamento l’aumento della frequenza del diabete con i metodi di lavorazione del latte finalizzati alla sua conservazione e commercializzazione.
I riflettori sono sugli effetti biologici della pastorizzazione e della cottura ad alte temperature (UHT) del latte. Ci riferiamo al fenomeno della glicazione.
La glicazione è il processo chimico di reazione tra un carboidrato (glucosio, fruttosio) e una proteina, con la produzione di un composto ibrido glicoproteico chiamato prodotto finale di glicazione avanzata, per gli amici AGE (Advanced Glycation End product). Ormai esiste un’imponente letteratura scientifica sugli AGE e i loro effetti biologici, in particolare le malattie croniche degenerative che sembrano legate al loro assunzione con la dieta.
La betacasomorfina7 glicata fa parte della famiglia degli AGE. Nel latte UHT (cotto a 140 gradi per alcuni secondi) e nei latti formulati per neonati ce n’è parecchia, un po’ meno nel latte più semplicemente pastorizzato.

Come si forma questa glicazione e perché si dice che abbia effetti biologici di cui valga la pena parlare?
La glicazione si forma quando un cibo proteico viene riscaldato al di sopra dei 42 gradi in presenza di carboidrati. Quando il latte, che contiene sia proteine che carboidrati, viene pastorizzato, si formano proteine glicate o AGE. In particolare, visto che parliamo di latte, si forma caseina glicata. Ora, al termine del suo viaggio nell’intestino, la betacaseina A1 glicata viene frammentata in betacassomorfina7 (BCM7) glicata, i cui effetti sono descritti nell’articolo precedente già menzionato.
La glicazione delle proteine ha come effetto l’aumento della resistenza alla scomposizione biochimica. Il che e’ come dire che LA PASTORIZZAZIONE E ALTRI METODI DI COTTURA INDUSTRIALE O CASALINGA DEL LATTE HANNO COME EFFETTO LA GLICAZIONE DELLA CASOMORFINA, CHE HA COME EFFETTO IL PROLUNGARSI NEL CORPO DELLE SUE CARATTERISTICHE OPPIACEE (=NARCOTICHE) e comunque destabilizzanti per il sistema vegetativo a livello psicologico, neurologico, ormonale e immunitario.

Tra gli effetti più evidenti ricordiamo il legame molto spinto tra la casomorfina7 e il diabete tipo 1 (giovanile), e la destabilizzazione neurologica che questa molecola provoca ai danni di bambini allergici, neuroatipici, autistici, come le loro famiglie possono testimoniare. Ecco, la glicazione della casomorfina7 che segue alle procedure di pastorizzazione e sterilizzazione del latte, accentua questi effetti perché parmette alla casomorfina7 di stare piu’ tempo dentro al nostro corpo prima di venire eliminata.
Si è voluta fare una prova al contrario, e si sono bloccati farmacologicamente i recettori biochimici ove si ancorano gli AGE per produrre i loro effetti biologici. Così facendo gli effetti diabetogenici provocati dagli AGE nei topi sono stati inibiti.

La glicazione è tanto maggiore quanto maggiore è la temperatura e il tempo di cottura industriale del latte, o se sono presenti altri reagenti quali grassi o acido ascorbico. In questo senso il latte UHT (cotto a temperatura più alta) contiene una quantità di AGE anche 1000 volte superiore a quella del latte pastorizzato normale. Sempre in quest’ottica, latti formulati addizionati di carboidrati, grassi o acido ascorbico contengono tanti più AGE quanto maggiore è la quantità di questi prodotti e quanto maggiore è il loro tempo di stoccaggio.
Anche il colore che tende gradualmente al giallo del latte in polvere è correlato al contenuto di AGE.
Ma anche procedure casalinghe apparentemente innocue possono aumentare il quantitativo di AGE in alimenti come il latte. Quella ad esempio di preparare latte a partire da latte in polvere e conservarlo poi in frigorifero. Sembra che il tempo di conservazione, perfino in frigorifero, favorisca il proliferare delle specie chimiche AGE.
Alcuni latti formulati contengono acido ascorbico (vitamina C sintetica) come antiossidante. Va saputo che in questo caso l’acido ascorbico si comporta come fosse un carboidrato e si addiziona alle proteine formando AGE.

Per finire vorrei dare una prova indiretta degli effetti potenziati “droganti” delle proteine glicate del latte pastorizzato industriale, tornando ancora una volta a Bob Elliott, che ha sfruttato le sui conoscenze per produrre alcuni brevetti. Di questi, uno (Glycated milk and uses thereof) racconta di come il latte opportunamente lavorato possa essere utilizzato come… sonnifero.

Il simpatico Elliott riporta nel suo brevetto che il latte adatto alla bisogna è quello della categoria genetica A1 (vedi “Bambini e latte vaccino“), in quanto solo la digestione di questo produce la casomorfina7, che produce gli effetti narcotici desiderati. Ora però la casomorfina7 (BCM7) ha una durata, nella circolazione sanguigna, di pochi minuti. L’effetto durerebbe troppo poco. Così Elliott sottolinea la necessità della cottura ad alta temperatura, che produce la glicazione del latte, in modo tale che l’effetto narcotico si prolunghi… per alcune ore.

Sempre nel brevetto sono consigliati ulteriori metodi per accrescere il potenziale glicante di questo latte soporifero, oltre a quello della pastorizzazione: aumentare i tempi di cottura, aumentare i tempi di stoccaggio del latte già incartonato, aggiungere acido ascorbico, glucosio o meglio fruttosio o galattosio (aumentano di 10 volte rispetto al glucosio i valori di glicazione).

E’ interessante leggere, sempre in questo documento, che le gliadomorfine dei cereali glutinosi hanno effetti narcotici simili anche se meno marcati di quelli della CSM7 del latte, e per questo esistono marche di latti formulati “stranamente” arricchite con malto d’orzo e di frumento essicati al calore. La procedura rilascia glucosio che, unendosi alle proteine di orzo e frumento producono AGE, accrescendo così gli effetti soporiferi del latte formulato una volta trasformato in gliadomorfine glicate dalla digestione intestinale.

Le controindicazioni? Secondo l’autore del brevetto, meglio tener lontani i bambini diabetici conclamati o sospetti tali, perché a rischio di peggioramento se si nutrono con questo tipo di latte-sonnifero.
Sarebbe possibile evitare la casomorfina7 promuovendo la selezione di capi geneticamente A2 , ed evitare la glicazione del latte conservandolo a bassa temperatura dai luoghi di raccolta alla vendita finale, come si fa per il sangue per le trasfusioni. Ma questa è un’altra storia.
Per finire, mi (ri)presento. Sono un medico dentista che da anni si occupa di aiutare i bambini adenoidei che respirano a bocca aperta a recuperare il giusto respiro, ossia la respirazione col naso a bocca chiusa giorno e notte… e con essa una qualità e una prospettiva di vita ben superiori a quelle di chi continua a stare a bocca aperta… “finché morte non li separi”. Sono una specie di “friendly neighbor” per i bambini a bocca aperta e i loro genitori insonni nel sentirli russare.

Dott. Andrea Di Chiara

Il presente articolo è di carattere divulgativo e non specialistico, inteso come strumento di informazione di base per i genitori, non per membri della “comunità scientifica”. Chi fosse interessato ai riferimenti bibliografici non esiti a scrivermi. Sarò lieto di fornirli. Quanto alle mie credenziali accademiche, è possibile reperirle online, nel mio curriculum alla pagina www.aipro.info

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