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Il bambino naturale - consigli a genitori e figli

Da un lato, gli adulti si comportano sempre di più in modo infantile e rifiutano di assumersi la responsabilità delle proprie azioni (sindrome di Peter Pan). Dall’altro, cresce il numero di bambini e di bambine che abbandonano l’infanzia troppo presto. Poco importa se all’origine della “pubertà precoce” ci siano delle ragioni strettamente biologiche oppure un insieme eterogeneo di motivi socioculturali, ormonali e genetici.

Ciò che conta è il risultato. Il fatto che molti bimbi si ritrovano a vivere, ancora piccoli, quello che i propri genitori avevano potuto vivere un po’ più tardi. Ma si possono veramente bruciare le tappe della vita solo perché il proprio corpo si trasforma e cambia più velocemente? Si può pretendere che una bambina di 8 anni si comporti come una “signorina” solo perché le sono venute le mestruazioni?

Crescere non significa solo trasformarsi fisicamente. Significa soprattutto avere la possibilità di imparare a “tenersi su” da soli, come spiega lo psicanalista D. Winnicott. Ma per riuscire a diventare autonomi, i bambini hanno bisogno che gli adulti si occupino di loro, rispettandone i bisogni e le esigenze.

Quando si è piccoli, si è fragili e indifesi. Si dipende completamente dai propri genitori. Si ha bisogno delle loro attenzioni e delle loro tenerezze anche solo per imparare a giocare. È solo lentamente che ci si abitua a fare a meno di loro, a distaccarsi dal modello paterno e materno e a comportarsi in modo maturo.

Sono gli adulti che devono “adattarsi” ai bambini e non il contrario. Sono loro che dovrebbero proteggere l’infanzia dei propri figli senza spingerli, prima del tempo, a diventare grandi. Tanto più che la pubertà e l’adolescenza sono dei momenti estremamente delicati.

Si spreca un’energia folle per capire chi si è e cosa si desidera. Per cercare di “trovarsi” senza sacrificare la propria specificità individuale ad un modello stereotipato di “femminilità” o di “virilità”. Il proprio corpo non rappresenta solo un “involucro esteriore”. Esprime soprattutto le ambivalenze del proprio essere “uomo” o “donna”.

Ma perché questa ricerca identitaria possa dare buoni frutti, c’è bisogno di tempo e di pazienza. Ciò che conta veramente è quello che si “è”, non quello che “appare”.

Quelle “signorine” di 8 anni, vestite come se ne avessero già 16 o 17, sono, nonostante tutto, ancora delle “bambine”. Perché allora bruciare le tappe? Perché cacciare dall’infanzia coloro che avrebbero diritto di viverla serenamente ancora per qualche anno solo perché appaiono tutti i segni fisici di una pubertà precoce?

Fonte: Repubblica.it

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