Da alcuni anni è in corso una singolar tenzone tra una grossa ditta ed una piccola associazione.
La prima è la Milte Italia, la seconda Ibfan Italia e l’oggetto del contendere (più d’uno ce ne sarebbe, ma a questo ci stiamo dedicando, per ora) è il prodotto PiùLatte, integratore alimentare a base di Silimarina che, a detta di chi lo produce, e, soprattutto, lo vende, dovrebbe avere un effetto galattagogo, ossia incrementare la produzione di latte nelle nutrici.
Il dibattito, se così si può definire, dura da così tanto tempo che un apposito capitolo sulla vicenda è già stato pubblicato sul Codice Violato 2008, pubblicato da Ibfan Italia (pag 45-47).
Milte reclamizzava il PiùLatte promettendo un incremento della produzione di latte materno dell’85,94% rispetto ad aumento del 32,09 nel gruppo di donne trattate con placebo, effetto valutato nel corso di un unico studio condotto in Perù su un piccolo campione di madri che non avevano, in realtà, problemi di produzione di latte.
In sostanza la Milte dà per scontato che le mamme abbiano abitualmente e diffusamente una produzione di latte scarsa, cosa che spesso è solo una percezione o un timore, non reale tant’è che poi valutando la crescita del neonato si vede come la nutrizione sia assolutamente adeguata ai suoi fabbisogni.
Nei pochi casi in cui la produzione è carente, la letteratura scientifica ci dice che può essere incrementata con le poppate a richiesta e con l’attaccamento frequente al seno senza limiti di durata delle poppate, con un buon attaccamento al seno ed una suzione efficace.
Insomma, ad Ibfan Italia questa faccenda non va giù e si parte con una prima segnalazione all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – Antitrust – la quale, tra il 2005 e il 2008 giudica, per ben 3 volte, ingannevoli i messaggi diffusi dall’azienda, condannandola al pagamento di una multa complessiva di 62.250 euro.
Inoltre, nel marzo 2007, l’Istituto per l’Autodisciplina Pubblicitaria (IAP) stabilisce non conforme al Codice di Autodisciplina Pubblicitaria l’affermazione contenuta nella pubblicità secondo la quale “Studi clinici hanno dimostrato che un’assunzione regolare di PiùLatte può far aumentare la produzione di latte materno sino a +85%” semplicemente perché “non esiste alcun prodotto in grado di aumentare la produzione del latte materno dell’85%”(cosa che, detto per inciso, potrebbe anche essere dannosa causando ingorghi alle mamme).
A questo punto ci si aspetterebbe che la Milte chieda scusa e raddrizzi il tiro…invece… rilancia pubblicando su riviste per genitori, siti Internet specializzati per mamme e persino tra i partecipanti a congressi ostetrici e pediatrici un comunicato che oscilla dal patetico al polemico: “Cara mamma, fino a ieri ti suggerivamo l’assunzione dei due prodotti BestBreast e PiùLatte, al fine di aiutarti ad allattare meglio. … Oggi non è più possibile suggerirti nulla …”.
Un articolo offensivo per autorità come l’Antitrust e all’INRAN. E infatti…. l’Antitrust riprende in esame le nuove versioni delle pubblicità della Milte e, di nuovo, le giudica ingannevoli (sentenza del 28 Luglio 2008, provvedimento n. 18378): “Nei nuovi messaggi, infatti, è tuttora rinvenibile, anche attraverso le nuove espressioni , un’enfasi circa l’utilità generalizzata dell’assunzione dei prodotti BestBreast e PiùLatte, nonché una particolare insidiosità delle modalità definitorie e descrittive utilizzate che contribuiscono ancora una
volta a suggestionare le puerpere con riferimento all’affidabilità dei prodotti e l’efficacia degli stessi con conseguente sfruttamento dei naturali sentimenti di protezione delle neo mamme verso i loro
bambini.” E li condanna la pagamento di 39.150 euro di multa.
E Milte si scusa?? NO!!! Riparte con una pubblicità ancora più aggressiva rivolta, questa volta, soprattutto agli operatori sanitari. In particolare contatta pediatri chiedendo loro di sottoscrivere attestati di efficacia dei suoi prodotti (senza definire il protocollo di un eventuale studio), chiede ai pediatri di consigliare PiùLatte e BestBreast alla dimissione dai reparti di maternità o alla prima visita del lattante presso il loro ambulatorio, fa consegnare campioni gratuiti alle mamme ricoverate o visitate negli ambulatori, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno problemi di allattamento, invia rappresentanti a convegni, congressi ed eventi formativi e insiste con il divulgare lettere a firma di operatori che occupano cariche di rilievo all’interno di associazioni professionali.
E arriviamo alla settimana scorsa. Nel 2006 dovendo ottemperare a quanto previsto dalla legislazione italiana ed europea sulle “asserzioni di salute”, Milte Italia sottopose all’European Food Safety Authority (EFSA) regolare richiesta di autorizzazione all’uso di asserzioni riguardanti l’effetto della silimarina sulla produzione di latte materno.
E l’EFSA pochi giorni fa ha dichiarato che la lo studio portato da MIlte a sostegno dell’efficacia delle Silimarina “è affetto da molti difetti sostanziali nel modo in cui è disegnato e riportato, dato che non vi è informazione sul metodo di randomizzazione, di occultamento dell’intervento, di stima del campione e di calcolo della potenza.
La media avanzata di età post-natale dei bambini all’inizio, giorno 0, dello studio, l’assenza di informazioni sul peso degli stessi e la diagnosi di inadeguata produzione di latte sono state identificate come ulteriori debolezze dello studio.
L’EFSA considera che non si possano trarre conclusioni da questo studio sul presunto supporto scientifico alle asserzioni sull’effetto della silimarina” (clicca qui per leggere la sentenza).
E allora se vi pare che il latte sia poco rivolgetevi ai punti di sostegno per l’allattamento presso le asl o le associazioni dove le revisioni sistematiche confermano che il sostegno tra pari è un intervento efficace, in grado di produrre miglioramenti rilevanti della prevalenza dell’allattamento esclusivo e della durata complessiva dell’allattamento (1).
E ricordate che allattare è il gesto più naturale del mondo!!!!
Sara Cosano e Luisa Mondo
Note:
Elena
Mi viene in mente quello che ho passato il primo mese dopo il parto e le assurdità che mi sono state dette per farmi passare al biberon… Mia figlia si attaccava male al seno e per questo ho fatto delle ragadi molto profonde. All’epoca, non sapendo il motivo, mi rivolsi a un’infermiera designata dall’Ussl per seguire le donne a casa che avevano da poco partorito. Lei, guardandomi il seno, la prima volta mi consigliò questo prodotto, la seconda mi consigliò un’intervento di chirurgia plastica e mi regalò un biberon rosa!! Assolutamente nessun consiglio sul corretto attaccamento al seno. Andai poi in pronto soccorso di ostetricia e pediatria: i medici mi prescrissero antibiotici per fermare l’infiammazione e il divieto di allattare (con il tatto di un elefante). Anche se depressa, non mi arresi: trovai il n di una volontaria della LLL e grazie a lei il problema fu risolto con grande sollievo mio e della piccina che richiedeva con forza il mio latte. Grazie ancora Francesca, sei stata un angelo!!!
Debora
Complimenti Elena!! Sei stata molto forte e determinata!!! Ma purtroppo, la maggior parte delle neo mamme non ha la tua forza!! Io no ho avuto problemi per l’allattamento di mio figlio…ma conosco mamme, che per molto meno di quello che hai passato tu hanno mollato…anzi spesso non ci hanno nemmeno provato…questo è ancora più scandaloso!!! Xkè qualcuno, addirittura le nonne, dicono già prima che la mamma partorisca che questa non avrà latte…e lei non facendosi nemmeno una domanda, compra biberon e latte senza nemmeno informarsi da altre figure preparate sull’argomento…pigrizia?! Ignoranza!? Non lo so…sta di fatto che quando leggo commenti come il tuo, mi scende una lacrima! Xkè allora qualche mamma che ancora crede nell’importanza fondamentale dell’allattamento materno ancora c’è!!!! COMPLIMENTI!!!!!!!!!
Irina
Oggi rileggo questi articoli e mi viene da sorridere…piulatte ha avuto anche uno studio pubblicato su pubmed per certificarne l’ efficacia..ridicoli i commenti prevenuti e senza supporto
Sara_C
Non basta un articolo su PubMed per dire che una cosa funziona… bisogna leggersi lo studio, capirlo (bisogna avere competenze di medico e di epidemiologo), capire se si tratta di uno studio di qualità oppure no (studio osservazionale? Randomizzato? Quanto è grande il campione studiato?), verificare il conflitto di interessi dei ricercatori, eccetera eccetera…