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Mamme, lavoro e sensi di colpa

mamme vanno al lavoro stringono bambini per senso di colpaCare Amiche, nello stomaco di quasi tutte le mamme lavoratrici c’è un nodo difficile da sciogliere.

E’ il nodo del senso di colpa.

Al rientro allo scadere del periodo di astensione dal lavoro iniziamo a sentire una stretta alla pancia all’idea di dover lasciare i nostri figli alle cure altrui, quando l’istinto, i sentimenti, l’amore ci spingerebbero a stare con loro.

Per me questo senso di colpa è sfociato nella rivoluzione che mi ha portato a far nascere NaturalMamma e a licenziarmi.

Ma non è bastato.

Un lavoro da imprenditore è sempre un lavoro, che richiede tanto tempo, concentrazione e fatica.

Per questo quel nodo è ancora presente nel mio stomaco, magari un po’ più piccolo, e prepotentemente si fa sentire. Soprattutto in due momenti.

Il primo è quando accompagno Andrea all’asilo.

Quando lui, che ha capito benissimo che tipo di lavoro faccio, mi dice “mamma ma perchè se tu sei in ufficio a casa io non posso stare con te?”

Mentre razionalmente so che l’asilo è la scelta migliore, perché io non potrei dedicargli tempo di qualità mentre lavoro, emotivamente questa sua richiesta di vicinanza mi mette in crisi.

La seconda occasione è la partenza per le fiere, quando carico la macchia e sento che lui dice: “Mamma, allora davvero ora parti…”.

Eh sì, dormire senza di lui, senza scambiarci calore, senza sentire i suoi piedi contro la mia schiena, per me equivale a dormire male.

Alle volte le amiche mi chiedono come io possa svegliarmi riposata facendo co-sleeping a 4 anni.

Io mi chiedo come ci si possa svegliare riposati senza farlo.

In questi momenti difficili però è estremamente importante, almeno per me, focalizzare i bisogni reali di mio figlio e razionalizzare il momento.

Posto che per ora non posso permettermi di non lavorare, per mio figlio che cosa è meglio davvero?

Stare con me tutto il giorno mentre lavoro?

Oppure passare del tempo con le docenti della scuola materna, che possono stimolarlo a crescere?

Accompagnarmi in fiera?

Oppure stare con suo padre nella tranquillità di casa?

Presa consapevolezza della strada migliore (in senso realtivo alla situazione che stiamo vivendo), è molto importante riuscire a comunicare al proprio bambino i sentimenti che proviamo e il perché delle nostre scelte.

“Andrea, amore mio, questa mattina mamma deve tanto lavorare e a casa non potrebbe giocare con te. Tu ti annoieresti tanto e io sarei nervosa. Per questo mamma ti lascia dalle maestre Paola e Lella che ti insegneranno tante cose. E siccome sentirò tanto la tua mancanza, appena ho finito di lavorare ti vengo a prendere e passerò il pomeriggio a giocare con te”.

Essere mamme è un meraviglioso privilegio, anche quando viviamo i piccoli conflitti del cuore.

 

Luisa Maria Orsi

Commenti (7)

    • Nicoletta

    • 11 anni fa

    E’ difficile non provare sensi di colpa, io per esempio rinuncio a moltissime cose…Forse non è giusto, ma se si è più serene così secondo me va bene. L’importante è la serenità, i bimbi la sentono. Sarebbe peggio stare sempre con loro ma con il magone…in quel caso meglio lavorare anche otto ore al giorno!

    • antonella

    • 11 anni fa

    anche io sto male quando la mattina devo svegliarlo alle 6 e quando lui mi dice “mamma non stiamo mai insieme…tu sempre al lavoro e io sempre a scuola!”….e questo stato di ansia non mi fa essere serena….

  1. Io non ce la farei mai a lavorare 8 ore al giorno e vedere i miei tre bimbi solo la sera dopo le 17. La scelta di lavorare a casa (quel poco che riesco a fare, la mattina!!) per me è stata una necessità per essere serena. Anche se comporta rinunciare economicamente a tante cose, credo che la mia qualità di vita sia enormemente aumentata rispetto a quando lavoravo in ufficio tante ore al giorno. Le scelte in questo campo sono difficili in ogni caso!! Io ho seguito l’istinto di mamma e ho preso la decisione più adatta a me e ai miei bambini. ovviamente non biasimo chi fa scelte diverse!!

    • francesca m

    • 11 anni fa

    Io invece mi sono sono sentita in colpa e mi sento in colpa per non essermi sentita in colpa e anzi aver superato una quasi depressione con il ritorno in ufficio per 6 ore al giorno. Io purtroppo non mi sentivo affatto felice di stare 24 ore al giorno a casa con un neonato che ovviamente non comunicava in maniera verbale. Me lo sono goduta molto di più dopo e me lo godo molto di più ora che ha più di due anni e che è molto più stimolante e interattivo. Spero di non essere l’unica mamma a provare queste sensazioni, che mi fanno sentire in colpa e sbagliata ma che sarebbe assurdo e nocivo negare.

  2. da figlia di mamma che ha sempre lavorato, garantisco di essere cresciuta sana di mente. Da mamma che lavora fuori casa, ti dico, che anche mia figlia mi chiede di venire con me in ufficio.
    Da mamma che lavora tanto, dico che sarei una persona sicuramente più stressata a stare a casa, che ad avere un confronto esterno e delle soddisfazioni professionali che sono anche personali. Tranquille mamme, quando i nostri figli saranno grandi, ci ringrazieranno.

  3. Ogni mamma e ogni donna è diversa, non ho mai la presunzione né la pretesa di rappresentare tutte.
    So di essere una “taglia M”, una mamma nella media, ma certamente ci sono molti, tanti approcci alla maternità.

    Non credo che il senso di colpa debba essere consiferato requisito “da buona madre” e se qualcuna riesce a bypassarlo ben venga.
    Non incateniamoci da sole in modelli rigidi e restrittivi 🙂

    Da figlia di mamma lavoratrice invece ammetto di aver invidiato le mie compagne che avevano maggior dispinibilità di tempo da parte delle loro madri.

    Da ex mamma lavoratrice in ufficio, ritengo che la libertà di gestione del tempo sia un enorme vantaggio nell’accudimento dei propri figli.

    • silvia

    • 11 anni fa

    Ho ricominciato a lavorare quando la mia prima bambina aveva nove mesi, ricorderò per sempre quei primi giorni senza di lei sempre accanto, stavo malissimo, i miei seni si riempivano di latte come non succedeva da mesi (anche il mio corpo chiamava mia figlia), lei pur piccolina capiva perfettamente quando la preparavo per portarla dalla baby sitter e piangeva ancor prima di entrare in macchina… ho resistito sei mesi, poi mi sono licenziata, un mese dopo aspettavo il mio secondo bimbo. Oggi sono una mamma a tempo pieno, mi mancano sicuramente le relazioni sociali di prima, con mio marito abbiamo cambiato tenore e stile di vita per poter vivere con un solo stipendio, facciamo tantissime rinunce, ma non ho rinunciato ai miei figli che mi ricambiano con tanta gioia e tantissimo amore. Io mi sto letteralmente godendo questo periodo con loro, probabilmente dovrò tornare a lavorare più avanti ma questi primi anni sono stati un vero proprio “investimento” per i miei bambini, ho scelto di essere presente nei loro primi anni di vita perchè sono forse i più importanti, i più delicati, questo almeno è quello che sento dentro e non ho sensi di colpa per aver abbandonato un posto di lavoro a tempo indeterminato ben retribuito, perchè se ci vuole coraggio per lasciare al nido il proprio bambino quando si rientra al lavoro, ci vuole altrettanto coraggio per scommettere sul proprio futuro e lasciare un lavoro sicuro per crescere di persona i propri figli.

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