Nello scorso articolo ho introdotto la questione dei limiti della socializzazione scolastica.
Che cosa intendevo dire?
Una elevata densità scolastica, con classi di 25 bambini, guidati da uno o due adulti per volta, è un contesto facilitante per dinamiche di gruppo non sempre sane.
Il fatto che appunto la sproporzione nel rapporto tra educatori ed educandi sia così elevata permette agli educatori stessi di concentrarsi prevalentemente sugli aspetti prioritari della sicurezza e della disciplina.
Ecco quindi che a fronte di conflitti, nell’impossibilità di capirne a fondo dinamiche e motivazioni e di facilitare i protagonisti nella rielaborazione delle motivazioni che li hanno originati, spesso l’insegnante si trova “costretto” dal contesto a scegliere la scorciatoia della misura disciplinare, della punizione, della “seggiolina” tanto cara all’impostazione educativa comportamentista (la pratica del “time out” – che prevede appunto di far sedere/allontanare il bambino “colpevole” per un lasso di tempo predefinito perché “rifletta”- è dilagante fin dalla scuola materna).
Questo porta nel migliore dei casi all’estinzione dei comportamenti socialmente indesiderati, ma non promuove in alcun modo comportamenti e atteggiamenti sociali autenticamente desiderabili, né previene l’emergere di dinamiche di inclusione/esclusione del gruppo o rapporti tra coetanei basati sulla “legge del più forte” o sul conformismo e sul gregarismo.
E’ questo un rischio tanto più concreto quanto più precoce è la scolarizzazione: i bambini, come persone fisiologicamente immature che non hanno ancora portato a termine il proprio processo di individuazione, sono tanto più vulnerabili a tali forme deviate di socialità.
Fino a che il bambino non abbia sviluppato una relazione con se stesso, i suoi bisogni “sociali” saranno pienamente soddisfatti da figure di attaccamento amorevoli, il cui amore incondizionato ponga realmente le basi di una socialità autentica ed empatica verso “gli altri”, e dalla possibilità di trascorrere tempo con se stesso, occupato nel gioco creativo.
Negare questa possibilità comporta il rischio di crescere persone a disagio con se stesse, incapaci di riempire “i vuoti” con il proprio Sé, la propria creatività, la propria fantasia, la propria spinta all’autodeterminazione, che si rivolgano dunque agli altri come riempitivi, con lo stesso atteggiamento di richiesta di distrazione da se stessi che si rivolge alla tecnologia da intrattenimento.
Ma dunque è fondata l’immagine di piccolo home schooler come individuo isolato e solitario, asociale e disadattato? Nient’affatto.
Il timore che un bambino cresciuto in contesti meno “disciplinari” di quello scolastico non sviluppi valori sociali e rispetto per le regole è del tutto infondato. Al contrario, un individuo che cresca circondato dal rispetto, nella libertà di seguire i propri interessi e i propri ritmi sarà naturalmente incline a restituire agli altri quello che ha ricevuto.
I ritmi di socializzazione saranno, sì, con tutta probabilità meno intensi, ma come già detto non è detto che questa sia una privazione. Potrebbe anzi rivelarsi una risorsa nell’ottica di relazioni tra coetanei liberamente scelte e di momenti socializzanti qualitativamente migliori, più appaganti e più formativi.
Per godere della compagnia dei coetanei, di cui beninteso non ho alcuna intenzione di negare l’importanza, le occasioni saranno molteplici anche per chi farà educazione parentale. Sport, teatro, attività di volontariato, studio di strumenti musicali, laboratori creativi, ludoteche per i bambini in età prescolare, semplicissimi parco giochi…
Gli esempi sono molteplici. Gli ambiti di socializzazione diverranno essi stessi molteplici, non essendo vincolati dalla frequenza scolastica a un monopolio esistenziale dell’universo scolastico.
Esiste poi la possibilità di ri-creare intorno a sé e ai propri figli un “villaggio di attaccamenti”. Questo può essere fatto nei modi più vari: dalla semplice frequentazione di altre famiglie di amici con figli che condividano momenti di svago, alla creazione di spazi ludici autogestiti (puntate su quello che sapete fare, e che vi piace fare, e fatelo sapere in giro!) a una “rete” di famiglie homeschoolers che prevedano momenti didattici condivisi (con regolarità variabile: si può creare una “scuola familiare collettiva” o limitarsi a condividere solo alcune occasioni, come le gite “didattiche”) (ma esistono forse viaggi che non siano “didattici”?) o anche “soltanto” momenti di incontro, socializzazione, condivisione di percorsi con altre famiglie facenti scuola familiare.
Questi momenti saranno preziosi per i bambini come per gli adulti, che potranno, confrontandosi e condividendo, rafforzare le proprie motivazioni, superare i momenti di scoraggiamento, riflettere collettivamente su problemi e soluzioni, fare tesoro delle esperienze altrui adattandole a propria misura.
Irene Malfatti
Gina
Sarei perfettamente d’accordo con te….salvo la mancanza di una precisazione. Le situazioni che descrivi sono vere nel caso di pessima scuola e ottimo homeschooling, ma ecco che, qualora la scuola venisse gestita egregiamente e l’homeschooling pessimamente la descrizione che si potrebbe farne sarebbe esattamente l’opposto. Come mai leggo (magari un mio difetto di interpretazione) la mancanza di tali sfumature?
Poi un altro punto: si parla di socializzazione in caso di mancanza di scuola standard come qualcosa di totalmente rimpiazzabile, ma quello che spesso (non sempre) manca nell’homeschooling è la possibilità di gestire uno spazio con altri bimbi senza la presenza dei genitori, e questo, ovviamente fatto con le dovute maniere, credo sia un punto importante, in positivo, da considerare, nella crescita di un bambino.
irene.malfatti
ScusamI ma fatico ad afferrare le obiezioni.
Puoi chiarirmi quello che intendi? Non ho alcuna fatica ad ammettere che l’home schooling possa essere gestito male ne che vi siano ottime scuole (fermo restando che anche a fronte di un’ottima scuola possono permanere le ragioni che portano a ritenere preferibile l’home schooling) ma fatico a immaginare una realtà di scuola familiare che ricalchi gli aspetti discutibili di una scuola tradizionale. Sono due esperienze strutturalmente diverse.
Fatico ancor più a cogliere il senso della seconda obiezione.
Fatico soprattutto perché dando fiducia alla competenza del bambino non trovo possibile che non si ricavi, quando ne ha bisogno, spazi che non prevedano i genitori. Non è certamente l’assenza imposta dei genitori stessi a facilitare in questo. Basta andare al parco per osservare il contrario (faccio proprio l’esempio di interazione più spontanea casuale e “banale”, ma gli esempi non si contano: sport, corsi di varissima natura, uscite con altre figure di riferimento, scoutismo… L’elenco sarebbe infinito). E la scuola e’ anzi casomai un esempio del contrario: bambini riuniti sotto il controllo di un adulto.
Gina
No intendevo dire che come esiste la scuola tradizionale con tutte le brutte caratteristiche che indichi tu, può esistere un’homeschooling con tante ALTRE brutte caratteristiche, si parla di casistiche, sia per la scuola che per l’hs in cui c’è una pessima gestione. Ad esempio in entrambi i casi c’è il rischio di una pessima istruzione, se il soggetto delegato non è preparato o non sa insegnare. Il rischio della scuola è l’omologazione al gruppo e/o all’insegnante, nel caso dell’hs può esservi il rischio dell’omologazione al pensiero dei genitori, tanto per dirtene una, o l’isolamento, sempre ovviamente parlando di situazioni mal gestite.
Per l’altro discorso, mi pare di capire che normalmente l’hs si svolga quasi sempre con i genitori presenti, anche se in presenza anche di altri, adulti e bambini. Forse sbaglio, se è così è un’obiezione che non sussiste, d’altro canto pensando alla scuola non è un’assenza genitoriale imposta se il bimbo a scuola ci va volentieri, e poco importa che vi sia un altro adulto, si tratta comunque di un ambiente di crescita in cui i bambini imparano a gestire autonomamente i propri rapporti con i bimbi, con altre figure di riferimento come l’insegnante.
irene.malfatti
Ma in realtà nel l’h.s. Non è tanto importante la quantità di nozioni che possiede il genitore ne’ la sua preparazione didattica (visto che non si tratta di impartire lezioni frontali) quanto l’ascolto e la disponibilità con cui viene accolta la naturale curiosità del bambino e la sua spinta ad apprendere. Certamente se un genitore facesse h.s. senza questa disponibilità non farebbe un buon lavoro, ma l’h.s. è una scelta che si compie di solito con profonda motivazione e in ragione proprio del desiderio di permettere al proprio figlio di imparare in libertà, sarebbe una contraddizione in termini compiere questa scelta senza avere motivazioni solide alla base.
Riguardo al gestire autonomamente i propri rapporti con altri bambini, i bambini lo fanno continuamente, qualunque adulto di riferimento sia presente. Sembri pensare che la presenza del genitore impedisca questa autonomia relazionale ma che la presenza dell’adulto insegnante la garantisca. In realtà o l’insegnante e’ realmente presente nei processi socializzanti, e allora l’autonomia relazionale che si crea e’ equiparabile a quella garantita anche in presenza di un genitore rispettoso, oppure l’insegnante e’ presente ma la supervisione globale di troppi alunni gli impedisce di rendersi conto delle dinamiche di socializzazione particolari esistenti nella classe, e allora piuttosto che alla libertà lascia aperta la porta al rischio di forme di socializzazione patologiche. A dire il vero però è l’assunto di base che a scuola la socializzazione sia libera che non regge la prova dei fatti: già dalla materna sono previste punizioni, dalla primaria in poi la socializzazione e’ fortemente limitata (non si parla durante le lezioni) a tempi ridotti prescritti dall’adulto.
Gina
Scusami, sono di corsa e meriteresti una risposta più approfondita, spezzo una lancia a favore di ALCUNE materne garantendoti che le punizioni non ci sono, cioè non le darei così per scontato. Ma avrei molto di più da dire.
irene.malfatti
Il discorso sulle punizioni sarebbe smisurato. Accade spessissimo e non solo a scuola che vengano usati termini edulcorati che comunque indicano in soldoni una punizione. Laddove l’ambiente non sia veramente punitivo, comunque non capisco perché in presenza di un genitore (presenza intesa come disponibilità a richiesta) un bambino non possa relazionarsi autonomamente con gli altri, e in presenza di un insegnante si. Come se un insegnante fosse per definizione garante dell’autonomia e un genitore no. È piuttosto l’opposto… Soprattutto pensando all’home schooling, e’ proprio a tutela dell’autonomia e della libertà dei figli che un genitore offre loro un percorso di apprendimento alternativo.
In tutto ciò non è comunque assolutamente rispondente a realtà che i genitori che optano per la scuola familiare siano tenuti ad essere fisicamente presenti 24 ore al giorno e che i loro figli stiano sempre e solo con loro, forse serve esplicitarlo.
Anche se si aprirebbe un’altra grande parentesi sulla questione della “troppa presenza” genitoriale… Quasi che la scuola fosse un antidoto all’invadenza parentale. Non c’è in realtà relazione diretta tra la quantità e la qualità della presenza genitoriale. Si può benissimo delegare i figli per molte ore ed essere altamente interdittivi e direttivi nelle ore di presenza, in un modo tale da interferire con lo svilupparsi di interazioni autonome anche in propria assenza (i genitori, nel bene e nel male, restano psichicamente e emotivamente presenti per un bambino). O viceversa, si possono passare molte ore con i propri figli mantenendo la propria presenza discreta e rispettosa della loro autonomia fin dai primi mesi. Ma questo naturalmente non è un discorso strettamente inerente al tipo di percorso di apprendimento scelto.
Carla
Sono la mamma di un bimbo piccolo che il prossimo anno andrà alla scuola materna, e francamente mi sto ponendo molti problemi, perchè ricordo benissimo le scuole che ho frequentato io. Nonostante sia sempre stata molto socievole, sia sempre andata a scuola volentieri, sia sempre stata la prima della classe….ho un pessimo ricordo di quasi tutta la scuola! Salvo solo la prima Maestra elementare che purtroppo è andata in pensione dopo il terzo anno (una Signora Maestra!), e un professore delle superiori, uno solo! Tutti gli altri erano degli incapaci, incompetenti in quello che insegnavano, non sapevano gestire la classe e approfittavano del loro stato di professori per trattarci da imbecilli. Io, andando bene a scuola, venivo tutto sommato trattata meglio dei miei compagni, ma ricordo bene le punizioni e le sgridate sugli altri, e sì le ricordo già dalla scuola materna. Gli indisciplinati venivano messi “faccia al muro” e il resto della classe in punizione collettiva “in silenzio- seduti-braccia conserte”, quando magari non avevano fatto proprio niente di male. La cosa che ho sempre trovato assurda (da denuncia) era dover chiedere il permesso per andare in bagno, e sentirsi dire di NO. Perché alcuni insegnati si prendono anche il potere di decidere sui bisogni corporali dei bambini. Certo sono sopravissuta senza troppi traumi (anche se alcune cose le ricordo con molto fastidio) ma onestamente la maggior parte del tempo poteva essere impiegato meglio, molto meglio, con meno inquietudini.
Gina
Irene, sono d’accordo con te sul discorso qualità/quantità. Quanto al fatto della presenza del genitore, è ben diversa da quella dell’insegnante. Noi genitori siamo le prime e più importanti figure di riferimento, c’è un momento in cui i nostri figli guadagnano dal poter relazionarsi con altre figure, siano essi altri adulti (come l’insegnante) o altri bimbi, in maniera totalmente indipendente dalla nostra presenza. Ma forse indipendenza non è nemmeno la parola adatta, credo abbiamo bisogno di spazi TUTTI loro, e nemmeno un pò nostri, almeno lo vedo con la mia, e mi sentirei davvero limitante nel starle “sempre”intorno. Un esempio pratico è quello della danza: in questa ultima settimana erano previste due lezioni mamme/bimbe, in cui non solo noi mamme potevamo entrare a vedere la lezione (di solito la guardiamo da un vetro che dall’altra parte è specchio), ma potevamo partecipare attivamente, insieme alle nostre figlie. Ebbene, la mia è passata da una fase di ipereccitazione estrema a pianto vero e proprio, solo alla fine della seconda lezione ha trovato un suo equilibrio, insieme a me. La mia presenza la aveva destabilizzata, e credo sia normalissimo, quello era un SUO ambiente, e tranne rare eccezioni come queste di cui ti ho parlato credo fermamente che sia giusto che sia così, poichè risponde ad una sua esigenza. In questo la maestra ha una sua funzione, le altre bimbe ne hanno un’altra, io ne ho un’altra ancora: quella di guardarla da fuori e accoglierla sorridente alla fine della lezione.
Carla, mi dispiace molto per la tua esperienza negativa, ma ti prego di credere che per fortuna non tutti hanno questi ricordi della scuola, e in alcuni casi potrebbero esservi invece delle ottime esperienze. Io ho avuto belle esperienze di materna ed elementari, miste (a seconda del professore) tra medie e superiori, rimane il fatto che ho cercato di avvicinarmi alla scuola in maniera non prevenuta, giudicando i fatti concreti, tarando tutto in base alle esigenze, ai bisogni, alla volontà e al carattere di mia figlia. Non me la sono sentita di addossarle il terrore o il preconcetto che potevo avere io riguardo ad una situazione specifica. Le avrei tarpato le ali, le avrei tolto la possibilità di scegliere quel che sarebbe stato giusto per lei (e non per me).
irene.malfatti
Mi sembra che assolutizzi una circostanza particolare. Non tutte le bambine avrebbero reagito come la tua. Ma in ogni caso non mi sembra assolutamente pertinente alla scelta di fare o meno Homeschooling, come ho già detto a mio parere non è certo il passare dalla tutela genitoriale a quella dell’autorità scolastica a incoraggiare il bambino a scegliere di avere ambiti suoi personali (ammesso che questo sia realmente un suo bisogno e non un bisogno indotto, potrà emergere in qualunque situazione…a dire il vero non comprendo questa preoccupazione eccessiva… Nella mia esperienza ogni bambino si è mostrato più che competente nel far capire quando voleva uno spazio di intimità e quando voleva coinvolgermi, non c’è mai stato bisogno di essere io direttiva in questo).
Sono certa che Carla non stia tarpando le ali di nessuno comunque. Sta semplicemente valutando quali aspetti della realtà scolastica possono essere limitanti, e può farlo anche alla luce di come lei ha vissuto certe esperienze da bambina. Questo non significa “addossare il terrore o i propri preconcetti”.
Gina
Ovviamente non stavo dicendo che Carla lo avrebbe fatto.
Ad ogni modo se una cosa la si condanna o rifiuta senza provare e/o senza conoscenze dirette è lì che subentra il terrore e il preconcetto.
irene.malfatti
Beh, in realtà no. Si può scegliere un percorso perché sentito più confacente alle proprie inclinazioni senza per forza testare l’alternativa e senza che questo rappresenti un preconcetto.
O tu stessa hai provato l’home schooling prima di preferirgli la scolarizzazione tradizionale?
Carla
Gina, io ricordo i miei insegnati e spero che quelli che avrà mio figlio siano migliori.
Ma se tengo conto che:
1) i miei insegnati erano tutti di ruolo, mentre oggi è pieno di precari, arrabbiati per questa situazione, che cambiano scuola ogni anno con problemi per loro e soprattutto per i bambini.
2) ai miei tempi si andava a scuola solo la mattina (sabato incluso), ma ricordo bene che a fine mattinata eravamo stufi di stare lì dentro e le ultime ore sembravano interminabili. Oggi nella mia città non ci sono alternative se non lasciare i figli fino alle 16,30, immagino quanto possano essere “utili” le ore pomeridiane, e quanto possano essere stanchi sia i bambini, sia gli insegnati.
3) la scuola elementare che ho fatto io aveva un bellissimo giardino dove ci facevano correre e giocare per tutta la ricreazione (i maschi giocavano a pallone per capirci). La scuola in cui probabilmente andrà mio figlio ha solo cemento e in più non li fanno assolutamente correre per paura che si facciano male, quindi la ricreazione consiste in 10 minuti seduti nei banchi a chiaccherare. Quindi questi poveretti stanno seduti dalle 8,30 fino alle 16, 30, salvo un paio di ore di educazione fisica la settimana (poi qualcuno si lamenta che i bambini di oggi sono pigri e grassi!)
Beh la speranza è l’ultima a morire,ma le premesse non sono delle migliori!
Gina
Beh, Carla, sicuramente dipende dalle realtà locali. In alcuni casi pur con tutta la buona volontà a volte è semplicemente vero che una scuola come si deve non c’è nella propria realtà, e in questi casi l’homeschooling può essere un’alternativa valida. Però ad esempio nella scuola di mia figlia le uscite alle 16,00 non sono obbligatorie, e se servono per motivi di lavoro o simili le ore pomeridiane sono utilizzate per fare i compiti (nè tanto nè quanto quelle che ci passerebbero a casa) e il giardino in cui correre per fortuna c’è. Questo per dirti che non tutte le situazioni sono così disagiate, e qui se ne faceva un discorso generale scuola/homeschooling.
Irene no, non ho provato l’homeschooling semplicemente perchè per me sarebbe purtroppo impossibile applicarla. Ricordiamo che in realtà è una possibilità aperta a pochi, fosse solo perchè di mamme che hanno la possibilità di stare a casa senza lavorare ce ne sono poche….ma ne avessi avuto modo di certo avrei testato per non lasciare niente di intentato. E come si può sapere altrimenti cosa sia confacente alle proprie inclinazioni?
Inclinazioni di genitore poi.
Con un vissuto, un carattere, un percorso che potrebbero essere diversissimi da quelli del proprio figlio.
Diverso sarebbe se invece si rispondesse ad un’inclinazione certa, espressa dal figlio in totale autonomia.
irene.malfatti
L’home schooling non è assolutamente appannaggio esclusivamente delle famiglie in cui le mamme non lavorano, e’ molto riduttivo presentarselo come “una cosa da mamme”. Qualunque sia l’assetto lavorativo familiare e’ un percorso che coinvolge l’intera famiglia, anche perché non ci sono “momenti di apprendimento prestabiliti”.
Onestamente l’assunto “avrei provato per non lasciare niente di intentato” a me suona piuttosto confusivo… Non credo affatto che il compito di un genitore sia fare quante più prove possibili tra diverse scelte e stili educativi, credo che il compito sia al contrario seguire quello che si sente più giusto e vicino al proprio istinto.
Nella realtà chi fa Homeschooling solitamente altro non fa che offrire ai propri figli un’alternativa, sta a loro coglierla o no (oppure un po’ si e un po’ no… Nel senso che niente vieta di praticare h.s. per poi frequentare la scuola tradizionale se lo vogliono, per poi tornare sui loro passi se si accorgono di preferire l’h.s, oppure di contro proseguire con la scuola… Nessuna strada e’ senza ritorno).
Ma è davvero indicativa la contraddizione intrinseca che si crea: e’ diritto riconosciuto decidere per i propri figli che andranno a scuola (e ancor prima alla materna, o addirittura al nido) e a quale tipo di scuola, e vista la precocità della scelta il genitore sceglie ovviamente sulla base delle sue inclinazioni e preferenze… Come mai questa responsabilità e’ legittima e doverosa solo per chi sceglie un percorso di studi scolastico tradizionale? Se un genitore orientasse i propri figli verso l’h.s. trovandolo per una serie di ragioni la soluzione più adatta avrebbe la stessa identica legittimità di chi compie al posto loro la scelta opposta. Questo in via di principio… Non ho mai visto bambini tenuti a casa a forza. Qualcuno mandato a forza a scuola si’.
Gina
Non so gli altri che ragionamento facciano.
Io personalmente non trovo confusione o incongruenza in quello che dico.
Certamente giocano anche le implicazioni genitoriali nell’affrontare simili scelte per i figli,pero’ i bimbi anche a tre anni sono competenti in un mare di modi,basta saperli ascoltare,lo sai.
Perciò io non me la sentirei affatto di propinare una mia scelta in base alle mie convinzioni (certo che vale anche in senso inverso,quando si decide per la scuola tradizionale) senza appurarmi che questa scelta sia davvero quella giusta per mia figlia,al di la’ delle mie idee teoriche. Per questo ha senso testare tutto quanto possibile poiché qualcosa che io definirei non adatto per me stesso potrebbe essere adattissimo per mio figlio (h.s. o scuola che sia).
Per il discorso mamme a casa ho semplificato ma e’ chiaro che l’hs coinvolga l’intera famiglia.
Pero’ di fatto se ci pensi se si lavora di fatto l’hs non puoi farla.
Perché minimo che lavori se ti dice bene sono sei ore al giorno di solito di mattina quando il figlio verrebbe quindi comunque delegato.
Ora poniamo che si tratti della baby-sitter o della nonna ideale (e anche qui….),dovrebbero essere competenti fortemente anche a livello di sensibilità per poter fare hs.
Se non lo fossero toccherebbe ai genitori i quali dovrebbero dedicarvi del tempo pomeridiano eliminando grazie a ciò incontri con bimbi non hschoolers,sport,cinema e via dicendo (tutte attività prettamente pomeridiane).
Giusto per citarti uno dei tantissimi inghippi ad un hs con genitori che lavorano (per non parlare delle possibilità economiche richieste).
irene.malfatti
Ma non e’ assolutamente detto.
Magari madre o padre sono liberi professionisti e si alternano in modo da essere presenti.
Magari uno dei due lavora part time, o fa turni, o ci sono altre figure educative che suppliscono i genitori quando sono assenti.
Non è possibile prefigurarsi ogni realtà possibile ne’ ridurre tutte le realtà possibili a quelle che siamo in grado di prefigurarci.
Che l’home schooling sia però appannaggio solo di madri casalinghe e’ un’affermazione che non trova rispondenza nel reale.