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Meno oggetti, più affetti. Ecco il consumo critico per bambini

In larga misura il modo in cui amate il vostro bambino gli permetterà in futuro di amare e di essere riamato a sua volta.
Daniel Stern

Chi ha avuto occasione di leggere Bebè a costo zero lo sa.

L’idea di fondo di questa guida al consumo critico per futuri e neogenitori è che, nella maggior parte dei casi, i mille prodotti per bebè che si trovano sul mercato e che la pubblicità sa promuovere così bene, non sono veramente indispensabili.
Una teoria un po’ (tanto?) controcorrente, in un Paese dove secondo i dati di Federconsumatori i genitori spendono entro il primo anno di vita del bambino una cifra compresa tra 6500 e 13mila euro.
D’altronde ogni genitore vuole assicurare tutto il meglio al proprio bambino. Ci mancherebbe altro!

Ma… Cos’è il meglio per un neonato? Di cosa ha bisogno un bimbo piccino? Di molti accessori, ci dicono i lunghi elenchi che troviamo nelle liste nascita. Amici, parenti e conoscenti, probabilmente confermano. Prepariamoci a comprare, e molto!

Ebbene, fermiamoci un momento. Non è detto che sia questa la risposta. Guardiamo un neonato e ripetiamoci la domanda. Di cosa ha bisogno?

Ogni bambino nasce con pochi fondamentali bisogni. E questi bisogni sono gli stessi in ogni paese e in ogni tempo. Sono gli stessi del secolo scorso e di due secoli fa, gli stessi con cui vengono alla luce i bambini di tutto il mondo.
Perchè, se ci pensiamo, il bambino non lo sa che sta nascendo in una società consumista che per i neonati si è inventata mille gadget. Non lo sa e non gli interessa. Neanche la natura lo sa. E continua a dotare tutte le madri del necessario per accudire al meglio il cucciolo che nascerà. Braccia che cullano, seno che nutre, voce che rassicura…

Oggi però, l’idea di bambino che si è radicata nell’immaginario comune, quella proposta dalla società dei consumi, è un’immagine che non è realistica. E questo non fa bene. Né ai genitori, né ai bimbi.
Il bimbo della pubblicità che mangia (poche volte, preferibilmente ogni tre ore), dorme (molto) e sorride beato dalla sua sdraietta, nella maggior parte dei casi non esiste. E se il nostro è il bambino che ha bisogno di poppare 15 volte al giorno, si sveglia tre volte per notte e appena si accorge di essere solo cerca mamma e papà e piange, ecco che pensiamo ci sia un problema. Quando lui si sta comportando perfettamente, proprio come il suo istinto, che è il frutto di secoli di evoluzione, gli dice.
Solo che, spesso, noi non lo sappiamo.

E ancora. Oggi abbiamo l’idea che prepararsi ad accogliere un bimbo voglia dire comprare. E così ci concentriamo sugli oggetti, la lista nascita, gli acquisti da fare. Quando abbiamo tutto, eccoci nel nostro appartamento con tutti i nostri begli accessori griffati che pensiamo “Siamo pronti”. Poi il bimbo nasce e si finisce su Marte, perché non era vero che eravamo pronti, perché non è comprando che ci si prepara allo sconvolgimento meraviglioso della nascita.

Perché quando il bimbo nasce non ci chiede accessori e gadget, non gli interessano proprio per niente, ma chiede la madre, chiede il padre e li chiede completamente, al cento per cento, di giorno e di notte, senza riserve. Chiede tutto. E in cambio cosa ci darà… un amore che nessuno ci ha mai riservato prima, saremo per lui luce, gioia, sorriso, eroi invincibili e perfetti. Ma questa è un’altra storia…

Intanto lui ci chiede di ESSERCI per lui.

E allora…

E allora… Se fare meglio con meno fosse la strada? Meno oggetti e più affetti la risposta?

Il consumismo ci dice che la risposta è acquistare, regalare, possedere. Oggetti.
Noi compriamo tanto, perchè vogliamo tanto bene ai nostri bambini.
Per loro siamo (giustamente) disposti a spendere molto. Non risparmieremo certo sui nostri bambini!
Cominciamo subito, prima ancora che nascano. E poi continuiamo così. Il consumismo ci forgia, ci insegna fin dalla gravidanza ad essere genitori che comprano.
Quando i figli sono piccolissimi, ma anche dopo, quando crescono, negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. Compriamo per dargli il meglio, compriamo per dimostrargli affetto.

Ma se fosse tutto un grande imbroglio? Se i nostri acquisti facessero bene solo alle aziende produttrici? E se non fosse questa la strada per rendere felici i nostri figli e noi stessi?

Daniel Stern ha scritto che i nostri figli imparano da noi ad amare. Se noi imbocchiamo la strada dell’amore, questa scelta non riguarda solo noi.
Se lo facciamo noi, molto probabilmente, lo faranno i nostri figli, che imparano dal nostro esempio.

E allora ecco che ognuno di noi può davvero cambiare il futuro. Ecco che ognuno di noi può fare la sua piccola grande parte per costruire un mondo di pace, di generosità, di amore.


di Giorgia Cozza
Giornalista e scrittrice

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