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Sonno e bisogni dei bambini, 6 falsi miti
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L’ignoranza sui bisogni dei neonati ne fomenta il maltrattamento da parte degli adulti, con ripercussioni sulla salute e il benessere, nonché sulle abilità sociali e le capacità morali nel lungo termine.

Una simile ignoranza ha prodotto veri e propri miti ai quali gli adulti credono e che seguono, sia perché sono essi stessi privi di esperienza in tal senso, sia perché è stato insegnato loro a non seguire i propri istinti. Ignorare i bisogni dei bambini perpetua il ciclo perché i bambini diventano adulti dalle emozioni e dagli istinti non ben sviluppati, e sui quali non possono fare affidamento per guidare il proprio comportamento. Devono pertanto affidarsi agli esperti per “sapere” qualsiasi cosa, e gran parte di questa conoscenza è priva di saggezza, ottusa, fondata su studi malcompresi.

Quali sono gli assunti mitici o infondati che si nascondono dietro l’uso del cry-it-out, ossia del lasciar piangere il bambino finché non smette (chiamata anche estinzione totale*), oppure del pianto controllato (o estinzione graduale), che fanno parte delle tecniche per “addestrare” a dormire da soli i bambini da 0 a due anni?

Eccone alcuni:

Mito n.1: Isolare i neonati e i bambini piccoli non produce alcun danno.

È un po’ l’idea che se non si vede niente, allora non è successo niente di male. Al contrario, è previsto che i piccoli dei mammiferi, come l’uomo, siano in contatto o prossimità fisica con chi li accudisce 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, finché non decidano di allontanarsi di propria iniziativa. I neonati hanno molti bisogni.

Esistono moltissimi studi e osservazioni sui bisogni dei mammiferi neonati a proposito della presenza del genitore. Ad esempio Hofer (1987, 1994) ha esaminato la regolazione fisiologica in topi neonati (che sono molto meno sociali dell’uomo) e ha dimostrato che la separazione dalla madre causa una mancata regolazione di diversi sistemi fisiologici come il respiro, il ritmo cardiaco, la produzione ormonale. Schanberg (1994) ha rilevato un rallentamento della crescita quando i topi neonati erano separati dalle madri.

Nell’uomo non possiamo fare esperimenti, ma possiamo osservare gli effetti di situazioni estreme di abbandono in cui il cervello rallenta la formazione di reti e vie di comunicazione neurale previste dallo sviluppo in momenti ben precisi.

A paragone dei topi, gli esseri umani hanno molta più materia grigia da sviluppare. I nati a termine nell’uomo hanno un 75% in più di cervello da far crescere (il 90% a 5 anni!) (Trevathsn, 2011). Per questo gli studi sugli animali ci danno solo una vaga idea di quanto le prime esperienze possano incidere sullo sviluppo successivo. Il modo in cui sono trattati i neonati dell’uomo ha su di loro effetti ben più vasti che su qualunque altro mammifero, proprio per la loro estrema immaturità alla nascita.

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Abbiamo enormi problemi di salute mentale negli Stati Uniti e in altre nazioni evolute dove d’abitudine i neonati vengono isolati e vivono situazioni angosciose. Oggi esiste persino la figura dello specialista in depressione infantile! I bambini possono deprimersi se sono separati fisicamente da chi li accudisce, ossia se non vengono tenuti in braccio o portati. Difficoltà a dormire o mangiare, così come il non esprimersi, possono essere segni di depressione. Forzarli a dormire da soli può esacerbare lo stato depressivo.

È possibile che questi bambini abbiano ereditato l’impronta epigenetica dovuta all’angoscia sofferta dai propri genitori, ma è più probabile che sia ciò che hanno vissuto in prima persona ad aver provocato la depressione. Gli studi sugli animali mostrano che la separazione abituale dalla madre altera il cervello (i primi 10 giorni di vita di un topo sono paragonabili ai primi 6 mesi di un bambino).

Mito n.2: Mettere i bambini in situazioni angosciose non provoca danni.

Lo stress prolungato distrugge i tessuti nei mammiferi, impedisce il buon funzionamento degli organi e minaccia la salute (Kumar et al., 2013). L’isolamento è stressante per i cuccioli di topi e cavie e ha ogni sorta di conseguenze patologiche come la disorganizzazione dei sistemi di risposta allo stress, nonché una minore espressione dei geni che controllano l’ansia (McEwen, 2003; Meaney, 2001). Gli effetti sono molto maggiori nell’uomo. Lasciare che i bambini piangano senza essere aiutati crea profonda angoscia ed è nocivo per la salute fisica e psichica.

Immaginate di avere un forte attacco di panico e che il vostro migliore amico vi chiuda in una stanza da solo mentre vi dice di non preoccuparvi e che tutto andrà bene – come influirebbe questo sulla fiducia che nutrite per lui? La vostra relazione ne verrebbe trasformata per sempre. I bambini piccoli certo non capiscono nulla di tutto ciò ma provano un profondo senso di angoscia e di paura e se dura troppo a lungo finiranno per chiudersi.

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Mito n.3: La notte i neonati non hanno bisogno di avere i genitori accanto.

I neonati hanno bisogno degli adulti per riuscire ad autoregolarsi. Lasciare un bambino piccolo da solo può alterare la regolazione del suo sviluppo in modo più o meno serio a seconda di molti fattori. Senza la presenza dell’adulto i sistemi di autoregolazione potrebbero non svilupparsi in modo adeguato. Le ricerche del Dott. James McKenna dimostrano l’importanza di una simile presenza.

Mito n.4: I neonati devono imparare ad essere indipendenti.

Ci vogliono diversi mesi affinché il cervello del neonato cresca e possa capire che un oggetto che sparisce alla vista può continuare ad esistere. Pensate, quando i genitori non ci sono il bambino piccolo non può sapere che potrebbero essere nelle vicinanze. Per lui se ne sono andati, lontano dagli occhi, lontano dalla percezione; non può percepire nessuno a meno che non sia presente accanto a lui. Per questo, se viene lasciato da solo, è normale per il bambino piccolo avere una forte reazione di angoscia o del tipo fuggi o combatti. Ma i neonati non possono muoversi e restano bloccati, incapaci di correre a cercare il genitore per chiedere aiuto (cosa che senza dubbio farebbero se potessero).

Se la reazione al panico dura troppo a lungo, il corpo del piccolo deve ripiegare su una modalità di sopravvivenza, rallentare le funzioni e la crescita per conservare la vita e scegliere una reazione del tipo mi paralizzo o svengo. Il bambino sembrerà catatonico, ed è solo la strana logica degli adulti che può pensare si tratti di una cosa buona per il piccolo. Un’esperienza del genere protratta troppo a lungo o per troppe volte avrà ripercussioni sulla fiducia, sulla salute e sulla moralità.

Mito n.4: I bravi bambini dormono per tutta la notte.

Nessuno, neppure gli adulti dormono per tutta la notte (Bonnett & Arand, 2007). Gli adulti spesso non si rendono conto di svegliarsi ogni tanto durante la notte. Semplicemente non vanno nel panico, a differenza di un bambino piccolo che si aspetta di trovare accanto il genitore.

Mito n.5: Quando i bambini smettono di piangere va tutto bene.

Wendy Middlemiss e colleghi (2012) hanno dimostrato che i bambini non stanno “bene” quando smettono di piangere (anche se i genitori si sentono una meraviglia). I bambini piccoli imparano a non segnalare più i propri bisogni se chi li accudisce li ignora. Alcuni potrebbero pensare che è una buona cosa (nessuno mi infastidisce più!), ma non lo è a meno che non si stia cercando di tirar su una persona con abilità sociali limitate, poca consapevolezza di sé e scarsa motivazione sociale.

Insieme all’isolamento, il pianto mina la crescita e lo sviluppo perché crea uno stress nocivo per il sistema mente/corpo e psiche.

Mito n.6: Le tecniche per far dormire i bambini si fondano su studi che possono informarci sugli effetti a lungo termine per il benessere del bambino.

La gran parte delle ricerche sulle tecniche di addestramento al sonno studia se un intervento sia efficace o meno per ridurre al silenzio il bambino e permettere così al genitore di dormire di più. Di solito non studiano gli effetti sullo sviluppo e sul benessere del bambino. Spesso utilizzano uno standard di “Intent to treat” (ossia che considera tutti coloro che hanno iniziato il trattamento come facenti parte dell’esperimento, senza contare chi lo abbandona senza portarlo a termine. ndt) dove non viene monitorato neppure il gruppo di controllo. Perciò non c’è modo di misurare in modo attendibile quello che i bambini hanno sperimentato davvero. Il risultato, anche quando si misura un qualche esito, non è attendibile e la sua affidabilità è limitata.

L’essenziale per i bambini: I bambini si sono evoluti con la necessità di avere una gestazione esterna o esogestazione almeno per i primi 9 mesi dopo la nascita (a causa della loro immaturità alla nascita e della rapida crescita epigenetica). Si aspettano una presenza costante di chi li accudisce e non dovrebbero essere sottoposti a situazioni stressanti e angosciose mentre il loro cervello si sta sviluppando con tanta rapidità, altrimenti potrebbero esserci conseguenze a lungo termine.

L’essenziale per i genitori: I bambini hanno bisogno della loro presenza costante, è meglio che pensino a un modo per ridisegnare la loro vita attorno a questi bisogni. Se i genitori “adattano” un bambino a non aver bisogno della loro presenza, il danno è già fatto.

L’essenziale per i ricercatori e il personale medico: prendere in seria considerazione le linee guida sui cuccioli di mammifero e usare un principio di precauzione. Fate raccomandazioni che vadano contro pratiche di accudimento vecchie di 30 milioni di anni solo se avete a disposizione analisi multivariate longitudinali (10-60 anni) di alta qualità su variabili rilevanti del benessere psicofisico. A parte questo, aiutate i genitori e le comunità a immaginare modi per venire incontro ai bisogni dei bambini e anche a quelli dei genitori.

*(In psicologia il termine “estinzione” indica la riduzione o la perdita di una risposta condizionata come risultato dell’assenza o della sottrazione del rinforzo. In questo caso è l’estinzione del pianto visto come risposta condizionata. Ciò nondimento, si fa una notevole fatica a non associare il termine “estinzione totale” riferito a queste tecniche con un’idea di estinzione totale della specie “bambino piccolo”. ndt)

Tradotto dall’inglese da Michela Orazzini

Estratto da un articolo di Darcia Narvaez Ph.D del 3 agosto 2014 su www.psychologytoday.com

Riferimenti bibliografici

Barbato G, Barker C, Bender C, et al.1994. Extended sleep in humans in 14 hour nights (LD 10:14): relationship between REM density and spontaneous awakening. Electroencephalogr Clin Neurophysiol. 90:291-297.
Bonnet MH & Arand DL. 2007. EEG Arousal Norms by Age. J Clin Sleep Med. 3(3): 271–274.
Ekirch AR. 2005. At Day’s Close: Night in Times Past. New York: WW Norton.
Hofer, M.A. (1987). Early social relationships as regulators of infant physiology and behavior. Child Development, 58(3), 633-647.
Hofer, M.A. (1994). Hidden regulators in attachment, separation, and loss. In N.A. Fox (Ed.), Emotion regulation: Behavioral and biological considerations. Monographs of the Society for Research in Child Development, 59, 192-207.
Kumar, R., Kumar, S., Ali, M., Kumar, A., Nath, A., Lawrence, K., Singh, J.K. (2012). Impact of stress on histology and biochemical parameters of liver and kidney of mice. Innovative Journal of Medical and Health Science, 2, 63 – 66.
McEwen, B. S. (2003). Early life influences on life-long patterns of behavior and health.Mental Retardation and Developmental Disabilities Research Reviews, 9(3), 149–154.
Meaney, M. J. (2001). Maternal care, gene expression, and the transmission of individual differences in stress reactivity across generations. Annual Review of Neuroscience, 24,1161–1192.
Middlemiss, W., Granger, D.A. Goldberg, W.A., & Nathans, L. (2012). Asynchrony of mother–infant hypothalamic–pituitary–adrenal axis activity following extinction of infant crying responses induced during the transition to sleep. Early Human Development, 88(4), 227-232.
Schanberg, S. (1995). The genetic basis for touch effects. In T. M. Field (Ed.), Touch in early development (pp. 67-80). Mahwah, NJ: Erlbaum.
Trevathan, W.R. (2011). Human birth: An evolutionary perspective, 2nd ed.. New York: Aldine de Gruyter.
Worthman, C.M. & Melby, M. 2002. Toward a comparative developmental ecology of human sleep. In: Adolescent Sleep Patterns: Biological, Social, and Psychological Influences, M.A. Carskadon, ed. New York: Cambridge University Press, pp. 69-117.

Un commento

    • rachele

    • 9 anni fa

    Personalmente concordo con tutto ma ci sono due punti estremi cioè con uno non sono in particolare disaccordo con l’altro in particolare accordo. Il primo punto: non vedo il motivo di usare termine “maltrattamento” in questa situazione in quanto ha un significato troppo profondo e troppo forte. Il secondo punto: l’affermazione “Se i genitori “adattano” un bambino a non aver bisogno della loro presenza, il danno è già fatto”, se non hai bisogno di qualcosa pensi che non sia importante e se non pensi che sia importante non ne hai rispetto…forse da qui vengono quelle reazioni di rabbia nei confronti dell’adulto che spesso vediamo negli adolescenti??? Riflettiamo……

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