Ma come, non diciamo sempre che l’“amore” di una mamma verso il proprio bambino non è mai “troppo”? Non ribadiamo continuamente che l’amore genitoriale è naturale e non rischia di “viziare” il bambino?
Certo, è tutto vero.
I nostri bambini hanno bisogno di un amore assolutamente incondizionato, senza se e senza ma, che non scaturisca da nostri bisogni narcisistici insoddisfatti o dalle “prestazioni” del bambino, ma che sia legato esclusivamente ai suoi primari e naturali bisogni di protezione, amore e crescita armoniosa.
Esiste però una particolare condizione in cui un genitore, di solito una madre, spinge le proprie attenzioni e cure genitoriali ad un livello tale da creare un disagio nel proprio bambino.
E’ la cosiddetta Sindrome di Munchausen per procura, che prende il nome dal personaggio letterario del Barone di Munchausen, noto per le sue storie “fantastiche” di viaggi sulla luna e altre avventure inverosimili. La sindrome di Munchausen per procura è anche chiamata “Sindrome di Polle”, dal nome del figlio del Barone.
Si tratta di una grave forma di maltrattamento infantile, a volte difficile da rilevare perché ben mascherata: la madre inventa consapevolmente, simulandoli o inducendoli nel figlio, segni e sintomi di una qualche malattia e lo sottopone continuamente a visite, cure, interventi sanitari, in una sorta di vero e proprio “turismo sanitario” (Montecchi, 2005).
Questo crea nel bambino una situazione di forte stress psicologico, di ansia, di paura. Allo stesso tempo il bambino ha ripercussioni anche a livello fisico, come conseguenza inevitabile dei continui controlli e ricoveri. Il bambino, suggestionato dalla madre e sotto il suo totale controllo, può arrivare a convincersi lui stesso di essere malato e di necessitare di cure.
E’ un disturbo molto serio, che il DSM 5 (2013) colloca tra i “disturbi fittizi” e molti autori sono concordi nell’inquadrarlo in un contesto clinico di tipo “psicotico”. Chiaramente ad essere disturbata è la madre e non il bambino, che è e rimane di fatto solo una vittima.
Esiste anche la Sindrome di Munchausen (non “per procura”), in cui l’individuo simula su se stesso i sintomi di una malattia per poter ricoprire costantemente il ruolo di “malato” ed essere quindi “curato”. E’ evidentemente un modo di utilizzare il “corpo” per manifestare un disagio che è invece di natura fortemente “emotiva”. La sindrome di Munchausen per procura diventa, allora, una sorta di “utilizzo” del corpo dell’altro per soddisfare bisogni emotivi personali.
Ci si potrebbe domandare ma la mamma è solamente premurosa e si preoccupa per il figlio, come può tale comportamento essere visto come negativo? E allora tutte quelle madri che maltrattano o abbandonano i loro figli?
In realtà si parla in questo caso di un comportamento materno abnorme, che rientra nella cosiddetta ipercura, da intendersi non come una “super cura di una super mamma”, ma come:
– un disturbo psicologico del genitore;
– una grave forma di maltrattamento del bambino;
– un grave reato penale, alla stregua di altri reati in danno di minori come l’incuria (carenza delle cure genitoriali) e la discuria (cure genitoriali inadeguate rispetto all’età del bambino).
Perchè ciò avviene?
La madre, almeno a livello conscio, non crede di danneggiare il proprio bambino, ma “inconsciamente” trasmette su di lui tutto il suo malessere, del quale il bambino non è in alcun modo responsabile.
Questo atteggiamento permette alla madre di:
– scaricare sul figlio la propria ansia, rendendo lui ansioso;
– scaricare sul figlio la sua aggressività per cure parentali inadeguate ricevute evidentemente nella propria infanzia: non ho ricevuto le giuste cure genitoriali da bambina, ora non le dò a te;
– avere il totale controllo sulla vita del bambino che, in uno stato perenne di paura e pericolo, dipenderà sempre totalmente dalla madre, in una sorta di dipendenza forzata che lo bloccherà nel suo normale sviluppo e nella sua sana ricerca di relazioni e stimoli esterni alla figura materna;
– soddisfare il suo bisogno narcisistico di sentirsi fondamentale nel “prendersi cura” dell’altro: “senza di me mio figlio sarebbe spacciato, per fortuna che ci sono io che me ne occupo”.
La sofferenza e la frustrazione per una vita non felice, porta il genitore a concentrarsi unicamente sul bambino, che diventa l’unico motivo per dare un senso alla propria vita e per considerarla dunque degna di essere vissuta;
– aiutare il bambino ferito dentro di sé, proiettandolo fuori di sé (sul figlio) in modo da potersene materialmente prendere cura.
Esistono anche altre forme di ipercura, come suggerito da Montecchi (2005):
– sindrome psicopatologica per procura: tipica di madri “psicologhe” o che svolgono un lavoro che le porti ad occuparsi dell’altro. Ogni segnale di natura emotiva manifestato dal figlio, viene letto in termini “psicopatologici”, per cui frequenti diventano controlli e visite da esperti del settore.
– chemical abuse: abuso di sostanze chimiche come farmaci, ma anche sostanze innocue come acqua o sale, che il genitore somministra al bambino in dosi eccessive creando danni alla sua salute fisica e psichica. Questo nella errata convinzione che il figlio sia malato.
– medical shopping per procura: preoccupazione eccessiva per la salute del bambino, che spinge i genitori a consultare continuamente i medici, senza mai però riuscire a rassicurarsi definitivamente. Rappresenta una sorta di “ipocondria per procura”.
E’ fondamentale per gli operatori del settore individuare e riconoscere tempestivamente tale dinamica patologica tra madre e figlio. E’ importantissimo che il bambino venga tutelato e che anche la madre venga aiutata a comprendere le gravi conseguenze sul bambino del suo comportamento e i motivi profondi che la inducono ad assumerlo.
Dott. Alessandro Costantini, autore di “Meravigliosa Infanzia” sulla pedagogia bianca
Bibliografia
AMERICAN PSYCHIATRIC ASSOCIATION (a cura di) (2013), DSM 5 (tr. it)., Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, Milano, Raffaello Cortina, 2014.
MONTECCHI, F. (2005), Dal bambino minaccioso al bambino minacciato. Gli abusi sui bambini e la violenza in famiglia: prevenzione, rilevamento e trattamento, Milano, FrancoAngeli.