• 0 Elementi - 0,00
    • Il carrello è vuoto.
Mamme private dell’allattamento: le loro testimonianze… #BastaTacereAllattamento
mamme-allattamento-testimonianze

Testimonianze tratte dal libro “Latte di mamma… tutte tranne me

Cesareo d’urgenza. Post parto dolorosissimo. Assoluta mancanza di assistenza per l’allattamento da parte del personale medico e infermieristico e mia ignoranza di base. Nonostante ci tenessi moltissimo non sono mai riuscita ad attaccare il bimbo”.

Silvia

Non sono riuscita ad allattare la mia bimba perché sono stata a dir poco ostacolata dal personale ospedaliero che mi ha messo i bastoni tra le ruote in una situazione già di per sé non semplice (bimba nata a 37 settimane con labioschisi). Ho potuto prendere mia figlia, subito dopo la nascita, per non più di cinque minuti in cui siamo state abbandonate e nessuno mi ha suggerito di attaccarla e di dirmi come fare. Ho potuto riaverla tra le mie braccia per provare ad attaccarla solo dopo 6-7 ore dal parto. La prima notte l’hanno tenuta al nido: invece di chiamarmi quando si svegliava come da mia richiesta le hanno dato l’artificiale, sono stata obbligata a fare la doppia pesata e dare aggiunte fin dal secondo giorno perché non cresceva abbastanza e avevo il divieto di attaccarla prima delle tre ore. Per due settimane a casa ho provato ad attaccarla ma rifiutava il seno, probabilmente già abituata al biberon, per due settimane al controllo del peso mi hanno accusata di voler fare di testa mia e che non stavo pensando al meglio per mia figlia. L’unica consulente interpellata mi ha consigliato di lasciar perdere perché la situazione era troppo complicata e così ho fatto, con mio grande rammarico”.

Daniela

L’ho attaccato al seno quasi subito e comunque non me ne sono mai separata. La culletta dell’ospedale è rimasta lì a mostrare i lenzuolini nuovi ai parenti: mio figlio dormiva su di me. E la puericultrice di turno mi rimproverò perché non avevo ancora dato aggiunta, acqua e ciuccio!”

Alessandra

“In ospedale si attaccava molto bene ma per poco tempo. E allora via di miele rosato per farle prendere il capezzolo (come se il miele fosse più buono per un neonato dell’odore della mamma!), poi cambio di turno e le parole dell’infermiera: “Non vedi che hai una bimba sfinita?” e via di latte artificiale. Nella sua culletta avevano già messo un succhiotto che ho lanciato via appena me ne sono accorta! Quando ho chiesto se potevano dare il latte artificiale con il dispositivo(1) e non con il biberon la risposta è stata: “Adesso sono 20 ml ma quando saranno 60? E poi 80?” Ero arrabbiata e confusa. Mi hanno dimesso con aggiunta e obbligo di tornare a pesarla il giorno dopo. Io intanto dovevo tirare con il tiralatte per farmi venire la montata e non dovevo attaccarla per più di cinque minuti per non stancarla”.

Margherita

“Esperienza terribile in ospedale e con le ostetriche. Chiedendo aiuto presso il nido ho anche ricevuto rimproveri perché ero a seno scoperto col bimbo in braccio e c’era un papà da tutelare. Inoltre riceveva glucosata quando non era con me, e con me dormiva”.

Ornella(2)

“In ospedale un delirio… Pupa pigra, si attaccava poco nonostante facessi presente che per me era strano, infatti hanno scoperto ittero da incompatibilità di gruppo sanguigno dopo 24 ore. Ricoverata in pediatria ha preso subito latte artificiale e io sono stata lasciata sola e disperata in balia di tanti, tra ostetriche e infermiere, che dicevano ognuno la loro su di me, sulla montata, sui miei capezzoli, sul modo in cui si attaccava mia figlia. “E tirati il latte”, “e fai la spremitura manuale”, “e hai il capezzolo piatto”, “e non tirarlo fai riempire la mammella”, “e male che va gli darai l’artificiale”… Insomma, un delirio in cui ho pianto 24 ore su 24, sentendomi mamma a metà perché non riuscivo a nutrire la cucciola, dimessa con integrazione di latte artificiale”.

Serena

“Dal terzo giorno, in ospedale le hanno dato un’aggiunta perché ho avuto la montata lattea tardi e lei piangeva per la fame. Una volta tornata a casa ho tirato il latte fino a un mese della bimba poi il latte (che era poco) se ne è andato. Non tutto il personale ti segue con la stessa professionalità”.

Veronica

“Nei tre giorni che abbiamo passato in ospedale credo di aver raccolto tutti i consigli rovina-allattamento presenti “sul mercato”. E non dalla mamma, dalla suocera, dall’amica dell’amica venuta a curiosare all’ospedale. Ma dal personale ospedaliero. Da ostetriche, puericultrici, pediatri. Ho partorito in un ospedale sedicente “amico dell’allattamento”. La bambina è nata sottopeso, alla 37sima settimana. Dormiva molto. Nessuno mi ha detto che avrebbe potuto dormire e ciucciare. Anzi, le puericultrici, vedendo che non la posavo nella culla quando dormiva mi indirizzavano i più comuni rimproveri (“si vizia, non te la toglierai più di braccio, sta scomoda, ha caldo”). Trovavano però preoccupante che dormisse. Sin dal suo secondo giorno di vita hanno iniziato a definirla “letargica” e a dirmi che non era normale che dormisse tanto nonostante le avessero somministrato glucosata fin dal primo giorno (senza il mio consenso). Violenza psicologica pura, perché dire così a una mamma, inesperta, accompagnata da una mamma che a sua volta non aveva potuto allattare e da una suocera che prevedeva quattro mesi al massimo di allattamento, equivaleva a dire che c’era un sostanziale pericolo di sopravvivenza per la neonata. È quindi iniziata la litania del “Ci vuole l’aggiunta, ci vuole l’aggiunta”. Me lo ripetevano incessantemente. Tastandomi senza tanti complimenti i seni scuotevano la testa dicendo: “Qui latte non ce n’è”. Prima di darle l’aggiunta ho preteso che la visitasse il neonatologo per stabilire se effettivamente il “digiuno” la mettesse in pericolo. Costui è stato chiaro ed efficace: “Signora, lei mette in pericolo sua figlia per togliersi lo sfizio di allattare”. Efficacissimo davvero. A quel punto la mia fiducia in me stessa, nel mio corpo, nella mia capacità di nutrire la mia bambina era stata sgretolata. Di più: ormai ero pronta a sentirmi un’egoista che faceva scontare alla figlia neonata le sue velleità di aspirante allattatrice senza nemmeno averne le necessarie capacità. Non è servito altro. La piccola ha avuto l’aggiunta. Ho un po’ questionato su come somministrargliela, sono stata schernita quando ho proposto di dargliela almeno col DAS(3), e rimproverata quando gliel’ho fatta succhiare con una siringa. La puericultrice spazientita mi ha detto “Così fa troppa fatica!”, mi ha preso la bambina e le ha cacciato in bocca un biberon. “Vieni dalla zia che sa come si fa”. È stato il momento più triste che ho passato da mamma. Lo resta ancora dopo tre anni di mammitudine (mammitudine che ha, ovviamente, avuto anche altri tristi momenti, ma l’impotenza e il disorientamento provati allora restano insuperati). Al momento delle dimissioni il pediatra che l’ha visitata mi ha detto: “Nella mia esperienza hanno il latte buono (sic!) solo quelle donne che hanno la montata entro 48 ore. Tanto vale che lei si faccia prescrivere il Dostinex”.

Irene

“Essendo nata prematura di tre settimane con parto cesareo, la mia bimba era piccolina e in ospedale non mi hanno fatto neanche provare”.

Brunetta

“Quando io e il mio bimbo siamo tornati in stanza dopo il parto, l’ostetrica mi ha chiesto se me la sentivo di attaccare il mio cucciolo al seno ed ovviamente la risposta è stata affermativa. Ma di lì a poco mi sarei trovata SOLA con le mie incertezze, il mio dolore fisico e la paura di non fare bene, di non avere latte perché il mio bimbo piangeva spessissimo! Nei tre giorni di degenza ho più volte chiesto aiuto alle ostetriche di turno, ma è servito a ben poco perché ognuna di loro aveva per me risposte diverse e frettolose. Arrivati a casa ero disperata, Edoardo piangeva di continuo, ho chiesto aiuto alle ostetriche dell’Asl ma mi dissero che non avevano tempo per venire a casa mia e che dovevamo risolvere la questione telefonicamente, ed io ero ancora ignara del fatto che ero alle prese con un pediatra (quello scelto per mio figlio) che di tutto sa ben occuparsi meno che della parte emotiva di una mamma e dell’allattamento!”

Michela

“Come per tante di noi il primo figlio, il primo allattamento è difficile. Impossibile se siamo lasciate sole. Non vi scrivo della mia rabbia, ancora viva dopo due figli e un totale di trenta mesi di allattamento, per aver avuto una dimissione, sei anni fa, per mio figlio, con latte totalmente artificiale. Io non ero stata in grado dopo un cesareo e una brutta complicazione neurologica (non riconosciuta) di fare nulla e così gli operatori intorno a me: assenti, indifferenti, sgarbati. Perché questo può accadere in un grande moderno ospedale milanese? I medici nulla, come non fosse compito loro, gli infermieri anche meno, l’ostetrica disse: “Sarà la depressione post-partum”, la puericultrice: “Signora lei non sarà mai in grado di allattare”.

Francesca

“A 34 settimane, c’è stato un brutto cesareo d’urgenza, in cui abbiamo rischiato sia io sia il bambino. Un po’ stordita e in preda agli eventi, chiedo di poterlo allattare, e quasi mi ridono in faccia, dicendo che non lo stanno mica facendo morire di fame… Mi ritrovo in balia di personale sanitario che sarà anche stato preparato sul lato più “medicalizzato” ma che assolutamente non era in grado di dare sostegno per l’allattamento”.

Cristina

“Adele si era attaccata subito con una gran fame, ma col capezzolo piatto era un po’ difficile, quindi fin da subito paracapezzolo. Le ostetriche mi spronavano ad attaccarla spesso, a stimolarmi spesso il latte con il tiralatte, ma mi sono venute le ragadi. Un’ostetrica mi diceva una cosa, l’altra ostetrica me ne diceva un’altra e una mi ha pure cicchettato! Al che mi è scoppiato un gran nervoso perché io non sapevo come dovevo fare se non si mettevano d’accordo loro! Dimissioni con latte artificiale”.

Elisa

“La mia bimba nata sanissima benché leggermente prematura è stata ricoverata nel reparto di subintensiva, per una lunga interminabile settimana. Per allattarla c’erano gli orari, non si poteva attaccarla quando aveva fame, le davano la glucosata (zucchero) per farla stare buona, perché la mia bimba piangeva tanto. Le davano il latte artificiale, però prima potevo provare io ad attaccarla al seno, pesandola prima e dopo ovviamente, (tanto per rendere più naturale e tranquillo il momento!), ma come mi dicevano loro: “Cosa vuoi che ti venga ora… e poi lei è debole, lascia stare, ci sarà tempo, l’importante è che mangi, non ti fissare che poi non ti viene il latte!” e “Vedi che allattare è una schiavitù, lascia fare a noi, le diamo gli orari così quando andate a casa non ti stressa… Vuoi mettere la comodità?”

Giulia

Alla sua nascita mi viene detto che è disidratato. La pediatra dell’ospedale mi dà subito 30 ml di latte artificiale perché dice che il mio non è abbastanza, e alle dimissioni mi dice che devo dare il latte artificiale almeno una volta al dì e si raccomanda con me di farlo! Dopo due mesi in cui tutti mi dicono: “Non hai abbastanza latte, non è nutriente” (e con il tiralatte ottenevo 180 ml e il bimbo cresceva benissimo!), mi sono lasciata andare a un pasto con il biberon in più e così nel giro di poche, pochissime settimane sono passata a dargli il mio latte solo al mattino. Il brutto è che invece di stare meglio fisicamente e mentalmente, io ero distrutta più di prima, mi sentivo e mi sento tuttora una mamma a metà. Ho una rabbia dentro enorme!”

Daranì

Io sono partita convintissima dell’allattamento esclusivo. In ospedale non ho avuto l’assistenza che mi sarei aspettata, nessuno che mi ha fatto vedere come attaccarla. Ci hanno dimesso con l’aggiunta, che le davo solo di sera. All’inizio stava aumentando di peso, ma poi ha iniziato a crescere poco, la pediatra non mi ha aiutato con l’allattamento esclusivo, ma mi ha fatto passare a quello misto“.

Alessia

 La pediatra mi guarda e mi dice: “No no, qui non c’è proprio niente. Se vuoi continua ad attaccarlo, ma dai il latte artificiale”.

Silvia

Ho un bimbo di quasi sette mesi e purtroppo ho potuto allattarlo solamente due settimane. All’inizio cresceva bene poi in una settimana ha preso solo 30 grammi, la pediatra mi ha fatto provare a tirare il latte e in tutto ne avevo 40 grammi, così mi ha fatto dare l’artificiale”.

Lara

“Io non avevo nessun appoggio, mi sentivo inadeguata e stanca morta, così mi rivolsi alla pediatra per un consiglio. Lei mi disse: “Evidentemente non ha abbastanza latte, il bambino non cresce molto, se la quantità di latte materno è inferiore a un terzo del totale che il bambino beve non ha alcun effetto benefico, quindi le consiglio di passare a quello artificiale e basta!” Così la mia esperienza di allattamento al seno si è conclusa”.

Elisa

La perla della pediatra al primo bilancio? “La attacchi dieci minuti per seno ogni quattro ore!”

Margherita

“Ho allattato il mio primogenito Alessandro solo per tre mesi. Lui si attaccava benissimo e io avevo tantissimo latte, ma poi sono iniziati i sintomi del reflusso e io non avevo idea di cosa stesse accadendo. Stava ore attaccato al seno, poi rimetteva e non cresceva, e tutti dicevano: “Ma non vedi che lo attacchi troppo e poi non cresce, il tuo latte non va bene”. La pediatra mi distrugge dicendo che il latte materno è troppo liquido per un bambino col reflusso, quindi mi fa interrompere l’allattamento e iniziare l’odissea con gli orribili latti anti-reflusso. Posso solo dire che il dolore di quel distacco così brusco e, ho scoperto poi, inutile e ingiustificato dal punto di vista medico, io e Ale ce lo siamo trascinati per mesi, e ha influito moltissimo sul nostro legame”.

Cinzia

 (1) Dispositivo di alimentazione supplementare per dare il latte al bimbo senza ricorrere al biberon.

(2) La storia di Ornella ha un lieto fine, perché una volta tornata a casa “una pediatra molto attenta” l’ha aiutata ad attaccare bene il bimbo che poi è stato allattato per 28 mesi.

(3) Dispositivo alimentazione supplementare.

Giorgia Cozza

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Accetto i Termini e Condizioni e la Privacy Policy

×
Registrati alla newsletter