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svezzamento

Ormai ha quasi cinque mesi non gli dai un po’ di frutta?

Ma come, non mangia tutta la pappa?!

È colpa del tuo latte se non vuole mangiare!

Devi farlo mangiare di più!

Ci sono molte aspettative, spesso molte ansie e quasi sempre molte interferenze esterne (leggi consigli non richiesti e critiche) quando si parla di svezzamento del bebè.

Ed è così che intorno a una normalissima tappa della crescita si creano tensioni e preoccupazioni che proprio non hanno ragione di essere, a tutto svantaggio della mamma (che in genere è l’oggetto di critiche e giudizi) e del bambino, che l’ansia di chi lo circonda la respira, se la “mangia” proprio, quella sì.

Si comincia quando il bimbo ha cinque mesi. Se va bene. Altrimenti si comincia anche prima. Con il tormentone del “non gli dai…” e aggiungete a piacere frutta, pappa, biscotti, farine, ecc. Se il bimbo è allattato si procede con “Il tuo latte ormai non gli basta più!”.

Che poi… perché? Ma che fretta ci sarà mai di far mangiare cibo solido o semisolido a un bimbo piccolissimo? Mangerà cibi solidi per tutta la vita. Decenni e decenni di mela, biscotti e farina.

Nei primi sei mesi di vita, il latte è l’alimento necessario per garantire la crescita del bambino. E stop. Poi, naturalmente, se la mamma nota che il bimbo pur non avendo ancora compiuto sei mesi è pronto per qualche assaggio, saprà lei cosa fare. Le tappe di sviluppo non si raggiungono con il calendario in mano.

Detto questo, arriviamo al cuore della faccenda. Lo svezzamento. Il bimbo ha sei mesi – circa – e soprattutto sono presenti una serie di segnali che mostrano che potrebbe essere pronto per qualcosa di nuovo. Sta seduto bene, non c’è più il riflesso di estrusione, riesce a portare le cose alla bocca. Bene, il fatto che sia fisicamente pronto, non significa che sia anche interessato. Forse è il suo momento per i primi assaggi. Forse no. Come scoprirlo? Osservandolo mentre è a tavola con mamma e papà. Quando gli appoggiate davanti uno spicchio di mela, un pezzetto di pane, o della pappa (se la famiglia preferisce iniziare così), cosa fa?

Assaggia? Bene. Lasciamolo fare.

Non assaggia? Bene. Lasciamolo in pace.

Cioè, il fatto che abbia raggiunto il fatidico traguardo dei sei mesi non significa che allo scoccare della mezzanotte del sesto mese il suo regime alimentare debba subire una rivoluzione. Fino a ieri solo latte, da oggi a mezzogiorno una scodella di pappa.

Può succedere, certo. I bambini sono tutti diversi, tutti speciali. Ma in molti, moltissimi casi non succede affatto, non funziona così.

La scoperta dei cibi solidi procede piano piano, alternando giorni di curiosità e appetito a giorni di rifiuto e disinteresse. Un giorno il piccolo assaggia qualcosa, un giorno mangia mezzo piattino, un giorno “niente grazie, solo latte, oggi”!

È normale!

Solo che noi non lo sappiamo più che è normale. E così ci preoccupiamo. Non mangia! Perché non mangia? Cosa dovrei fare? Cosa sbaglio? Il dubbio di star sbagliando qualcosa è un classico. E se non viene direttamente alla mamma ci sarà senz’altro qualcuno intorno a lei che provvederà a farglielo venire. E se non era preoccupata va a finire che lo diventerà.

Lo svezzamento è un percorso non un punto d’arrivo. Il bambino si sta svezzando. Sta imparando a mangiare cibi solidi, sta scoprendo nuovi gusti, consistenze e sapori. Sta decidendo cosa gli piace e cosa no. Si sta sintonizzando sui segnali di fame e sazietà. Sta imparando a masticare, deglutire, assaporare cibi diversi dal latte. È tutto un mondo!

È un processo che ha i suoi tempi. E che può essere molto piacevole e stimolante per il bambino. Può esserlo se chi gli sta accanto lo accompagna con rispetto, piacere e serenità.

Perché investire il cibo di ansie e aspettative? Mangerà. È certo che mangerà. Conoscete bambini di prima elementare che vivono di solo latte?

Se lo lasciamo in pace, se ci fidiamo di lui, se rispettiamo i suoi tempi, tutto accadrà con naturalezza. Sarà divertente osservarlo, scoprire i suoi gusti, le sue preferenze. Se diamo retta a chi ci consiglia di non dargli più il seno o di prenderlo per fame… potrebbe diventare tutto molto spiacevole.

Un esempio che magari ci può aiutare.

Solitamente si dice che i bambini imparano a camminare verso l’anno. Ebbene nessuno (spero!) si aspetta che spenta la prima candelina, il bambino tutto d’un tratto si alzi e cammini.

Ai primi passi ci si arriva piano piano, cominciando ad aggrapparsi al ripiano della libreria o al divano per alzarsi in piedi, muovendosi con grande cautela tra un appiglio e l’altro, camminando aggrappati alle mani di mamma e papà. Poi e solo poi il bimbo si stacca e… meraviglia e commozione fa due o tre passi tutti di fila. E poi cade, o si lascia cadere sul sedere. Nei giorni e nelle settimane successivi ripeterà l’emozionante performance, sempre pochi passetti alla volta. Un po’ traballanti, un po’ incerti. La ripeterà diverse volte e ogni volta apparirà meno incerto, meno insicuro. Qualcuno lo farà in tempi relativamente brevi, qualcuno impiegherà alcuni mesi. Ma tutti, un giorno cammineranno bene. Di più, correranno.

E mentre il bimbo è impegnato in tutto questo percorso fatto di appigli, bisogno di sostegno, cadute, nessuno credo si sognerà di dire: “Da oggi non devi più lasciarlo gattonare, deve camminare e basta! Quando vedrà che non può spostarsi in altro modo, sarà costretto a camminare”. O ancora, nessuno per incitare il piccolo a fare più passi tenterà di distrarlo, con giochini e canzoncine, così magari camminerà un altro po’. Come si fa comunemente con il cibo. Purtroppo.

Riconquistiamo il piacere dello svezzamento. Per noi e per il nostro bambino. Mangiare dovrebbe essere un piacere. Non un obbligo, non la risposta ad aspettative altrui, non una fonte di preoccupazioni. Il cibo è occasione di convivialità, di condivisione.

Intorno alla tavola si è famiglia, ci si vuole bene.

Quello dei pasti può e deve essere un momento felice, soprattutto per il bambino dato che per lui sono tutte prime volte. Che possa associare l’esperienza del cibo a un vissuto di serenità, di allegria, di spensieratezza.

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