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allattamento a termine

Fino a quando allatterò?
Passando al vaglio tutte le novità che la aspettano, è facile che una donna incinta si ponga questa domanda. Se lo fa, normalmente, la risposta riflette il suo pensiero da “non ancora mamma”, soprattutto perché parliamo di un’esperienza con cui, al giorno d’oggi, non c’è molta familiarità.
La risposta, quindi, non sarà distante da “fino al 6° mese che poi inizia lo svezzamento” oppure “fino al 7° mese che poi rientro al lavoro” o ancora “fino al 2° mese come ha fatto mia madre con me”.

In realtà è difficile prevedere la durata di un allattamento al seno, perché questa dipende da molti fattori: il bisogno del bambino, il desiderio della madre, il sostegno della famiglia, la conoscenza di informazioni corrette.
Quel che è certo è che, per la salute di mamma e bambino, è auspicabile che l’allattamento al seno si protragga il più a lungo possibile, fino ai 2 anni e oltre!
Lo dice l’Organizzazione Mondiale della Sanità, lo dice il Ministero della Salute, lo dicono le evidenze scientifiche che mostrano crescenti effetti benefici su entrambi, al crescere della durata dell’allattamento (se ancora non mi credi, dai un’occhiata al documento del Ministero della Salute, Allattamento al seno oltre il primo anno di vita e benefici per lo sviluppo cognitivo, affettivo e relazionale del bambino che trovi online).

Non solo “fricchettone

Va bene, hai letto il documento ma continui a pensare che stiamo parlando di rari casi di invasate che continuano ad allattare perché sono tanto deboli da non riuscire a imporre al bambino di smettere.
In fondo non hai mai visto nessuno allattare un bambino di 2 anni! Forse hai letto qualche articolo di giornale a proposito di mamme che allattano bambini di 5 o 6 anni e ci hai riso sopra, pensando che si trattasse della scelta radicale di una mamma egoista e che quel bambino sarà certo pieno di disturbi una volta cresciuto.
Vuoi sapere perché non le hai viste queste mamme che allattano bambini grandicelli?
Allattare in pubblico è un gesto che purtroppo, al giorno d’oggi, si fa ancora con difficoltà. Molte donne sono a disagio e preferiscono allattare in casa o in luoghi appartati, pur di non esporsi allo sguardo e ai commenti delle persone intorno.

Negli ultimi anni ci sono state molte campagne di normalizzazione dell’allattamento al seno (per fortuna!), perché è oggettivamente impensabile che una neomamma resti in clausura per mesi. I neonati hanno bisogno di poppare molto spesso, ed è quindi frequente che una mamma si trovi in un luogo pubblico con un neonato affamato.
Ecco che ti può essere capitato di vedere qualche mamma che allatta al centro commerciale o al parco giochi. Quando allatti un neonato piovono i commenti carichi di tenerezza, ma quando allatti un bambino di un anno in pubblico, la gente inizia a chiedersi come mai tu lo stia facendo.
Dai loro sguardi, prima che dalle loro parole, capisci che dentro di sé hanno trovato un paio di risposte: “Non vuoi farlo crescere perché sei egoista”; “Vuoi far vedere a tutti il seno perché sei egocentrica”.

Principalmente, per evitare questo genere di commenti e le conseguenti discussioni, spesso le mamme che allattano bambini grandicelli (che quindi non hanno la stessa urgenza di ricevere il latte dei neonati), lo fanno principalmente a casa, o comunque in famiglia, e non sentono il bisogno di raccontarlo in giro.

L’allattamento a termine

Allattare a termine significa rispettare i tempi del bambino, lasciando che sia lui a distaccarsi quando si sentirà pronto, il che accade normalmente dopo i due anni.
Questo non impedisce in alcun modo che la vita di mamma e bambino prosegua, quindi naturalmente accadrà che:

  • il bambino inizierà a mangiare altri cibi, a partire dai 6 mesi, e questi diventeranno gradualmente la sua fonte principale di nutrimento;
  • la mamma rientrerà al lavoro o alle attività che svolgeva prima della gravidanza, potrà stare lontano dal bambino per ore o anche per giorni, senza che questo implichi il dover rinunciare all’allattamento al seno;
  • il bambino imparerà a parlare, a camminare e a nuotare, a mangiare, ad addormentarsi da solo (con calma, eh!) esattamente come un bambino che non viene più allattato (che magari sopperisce al bisogno di suzione con l’uso del ciuccio). Vale a dire con i suoi ritmi.

A scanso di equivoci, allattare un bambino non è sempre una passeggiata e farlo a lungo può diventare faticoso per la mamma.
Accade quindi spesso che la mamma decida di interrompere l’allattamento prima del termine naturale dettato dal bambino. In fondo l’allattamento al seno è una relazione in cui entrambi devono stare bene, quando la fatica non è gestibile è meglio interrompere, perché la serenità della mamma è importante per il bambino tanto quanto il nutrimento!
Il sostegno della famiglia è quindi importante per la fine dell’allattamento come lo è per il suo corretto avvio. Un papà informato e dei nonni aggiornati aiuteranno la mamma a vivere con serenità la sua scelta di continuare ad allattare.

Il latte non diventa acqua

Non si capisce bene perché si sia affermata questa credenza popolare, ma la gente è spesso convinta che il latte sia buono, forse, per i primi mesi e poi perda rapidamente la propria sostanza.
È importante sapere, invece, che il latte materno è un alimento vivo, cioè in grado di modificare le proprie caratteristiche in base alle esigenze nutrizionali del bambino che deve sfamare. Così si avrà un latte diverso ogni giorno, ma sempre perfetto per il bambino!
A riprova di ciò, la concentrazione di numerosi elementi nutritivi, minerali e sostanze utili al sistema immunitario è addirittura maggiore dopo il primo anno di vita del bambino.

Il latte non “va via

Un altro dubbio può sorgere in merito alla quantità di latte che viene prodotto, perché magari il seno non appare mai gonfio come nei primi mesi dell’allattamento o perché il bambino ciuccia per pochi minuti e ci sembra incredibile che possa assumere una quantità significativa di latte.
Finchè il bambino succhia regolarmente (anche solo 1 o 2 volte al giorno), il seno continua a produrre latte.
Da un lato, il seno tende a calibrare la produzione in modo molto efficace superate le prime settimane, quindi è normale che il seno produca solo quanto richiesto, dall’altro la suzione di un bambino grandicello è molto più efficace di quella di un neonato, pertanto in pochi minuti può assumere anche diversi centilitri di latte. In questo modo l’allattamento può proseguire per anni, finché mamma e bambino lo desiderano.

Effetti benefici sulla salute

Sappiamo che ci sono molti vantaggi in termini di salute nell’allattare al seno, sia per il bambino sia per la madre.
Allattare un bimbo grandicello è vantaggioso perché:

  • sostiene il sistema immunitario del bambino che attraverso il latte riceverà gli anticorpi della mamma, molto utile se frequenta comunità con altri bambini (asili nido, scuole dell’infanzia ecc.);
  • riduce il rischio di obesità nel bambino, in modo direttamente proporzionale alla durata dell’allattamento che pare sviluppare una migliore capacità di gestione delle energie che assume (lo dicono, per esempio, questa ricercaquesta);
  • ha un impatto positivo sulle capacità cognitive del bambino, infatti secondo alcuni studi aiuta a sviluppare sia le capacità linguistiche sia i risultati nei test di intelligenza;
  • riduce il rischio di ipertensione per la madre (lo dice questa ricerca), in maniera crescente al crescere della durata dell’allattamento;
  • riduce il rischio di cancro al seno per la madre, in modo ancor più efficace se i bambini allattati sono più di uno e i mesi di allattamento superano i 13 (è scritto qui e lo dice anche l’AIRC parlando di cancro al seno e allattamento).

Nutrimento emotivo

Dall’allattamento al seno prolungato si traggono anche vantaggi dal punto di vista della relazione e dello sviluppo emotivo del bambino.
Il seno è consolazione, ma, a differenza del suo surrogato, il ciuccio, viene sempre accompagnato da una mamma che può abbracciare, scaldare, confortare con i gesti e con le parole. Tutti questi momenti di vicinanza fisica e di scambio rafforzano il legame affettivo e, come abbiamo anticipato parlando di genitorialità ad alto contatto, l’autostima del bambino.

La mia esperienza di allattamento a termine

Io ho allattato Alice fino alla soglia dei 3 anni, non proprio a termine perché ho dovuto forzare un po’ la mano per farla smettere. Il motivo è che non mi andava più, era un allattamento in tandem, con la sorellina di 6 mesi e stava diventando troppo faticoso per me. Il vero allattamento a termine l’ho provato con la mia seconda bimba: Adele, che si è staccata da sola poco dopo i 2 anni, dopo aver diradato progressivamente le poppate.
In entrambi i casi sono rientrata al lavoro quando avevano 7-8 mesi e durante la giornata al nido non hanno mai voluto il mio latte. Nel weekend ovviamente la loro domanda aumentava, e così la mia produzione. Abbiamo anche affrontato giorni separate a causa di mie trasferte di lavoro (la prima quando la grande aveva 10 mesi) o mini soggiorni dai nonni.

Allattare così a lungo per me è stato proprio comodo: non si contano le “bue” e i pianti che ho risolto con una poppata, gli addormentamenti conclusi con successo grazie al “tetta power”. Non so quanti risvegli notturni ho archiviato in 2 minuti e senza nemmeno alzarmi dal letto (anche grazie al cospleeping): non mi sarei mai privata di questa comodità, soprattutto perchè al mattino mi è sempre toccato alzarmi presto per andare in ufficio!

E voi, avete allattato a termine?
In quali false credenze vi siete imbattute?
Se tornaste indietro scegliereste di smettere prima o dopo?


di Marta Cappa
Mamma ad alto contatto di tre bambini, in cerca di equilibrio tra il lavoro (full-time) e la famiglia, fondatrice di Growing Independent.

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