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Tre cose che ho scoperto scrivendo “Capire i piccoli” (I parte)

Per la rubrica “Tradotti per voi” vi proponiamo un interessante articolo di Deborah MacNamara, autrice di “Capire i piccoli”, una delle ultime uscite edite da Il Leone Verde Edizioni: ecco la prima parte dell’articolo in cui l’autrice riflette sul ruolo educativo degli adulti e sull’importanza del gioco nello sviluppo del bambino.

Tre cose che ho scoperto scrivendo “Capire i piccoli”

Comprendere il comportamento dei bambini in età prescolare (o di chiunque si comporti come tale)

Negli ultimi due anni, mentre scrivevo “Capire i piccoli”, mi sono soffermata molto a pensare a tutto ciò che riguardava l’argomento “bambini”. È stato un viaggio incredibile che è iniziato quando i miei figli erano piccoli e ho iniziato a lavorare con Gordon Neufeld (autore di “I vostri figli hanno bisogno di voi”– ndt), studiando e insegnando il suo approccio evolutivo e relazionale. Mentre cercavo di capire ciò di cui i bambini hanno davvero bisogno di ricevere dai genitori, cominciai a rendermi conto di quanto fossimo diventati confusi. Personalmente ero frustrata dal modo in cui gli esperti si contraddicevano a vicenda. Ero anche demoralizzata nel constatare come il crescere un bambino fosse stato ridimensionato in modo semplicistico in istruzioni, norme o mantra frammentati da ricordare. Ho pensato, inoltre, che c’era qualcosa di sbagliato nel momento in cui un genitore cominciava addirittura a pensare di aver bisogno di una laurea in psicologia infantile, neuroscienze e scienza dell’attaccamento per crescere un bambino. Quando ho scoperto il lavoro di Gordon Neufeld mi sono resa conto che la chiave per la genitorialità era l’intuizione e non l’abilità. Alla base della genitorialità vi sono in realtà forti istinti ed emozioni che ci spingono a capire i nostri figli e ciò di cui hanno bisogno.

“Capire i piccoli” nasce da questa mia personale crisi interiore. È nato dal desiderio di fare un passo indietro e cercare di capire davvero le modalità in cui i bambini crescono. Mentre il mio libro è in uscita, ho pensato che il modo migliore per segnare il “passaggio” dal mio computer al mondo fosse condividere le tre cose essenziali di cui hanno davvero bisogno i bambini. Naturalmente ce ne sono molte altre nel libro, ma Gordon mi ha insegnato che bisogna appoggiarsi su tre punti fondamentali quando si cerca di capire un fenomeno. 

1- Siamo diventati coloro che forzano i bambini invece di coloro che li aiutano a crescere.

Ci perdiamo talmente tanto a pensare come un bambino si debba educare e comportare in maniera civile da dimenticare che, fondamentalmente, per crescere bene abbia bisogno di pazienza, tempo e attenzioni. Come afferma Gordon, un seme di mela non assomiglia affatto al melo su cui cresce il frutto.

Abbiamo sempre tanta fretta e pensiamo che ogni momento dovrebbe essere sfruttato come utile insegnamento per il bambino. Questo approccio è faticoso sia per i bambini sia per i genitori, poiché sminuisce il piacere di allevarli e di goderseli.

I comportamenti immaturi dei bambini piccoli non sono un qualcosa di personale – fanno parte del loro processo di crescita. I bambini non hanno il controllo dei propri impulsi poiché il loro cervello non è completamente sviluppato. Sono egocentrici perché, per poter condividere se stessi con un’altra persona, devono prima avere e conoscere il proprio sé da condividere. Non usano le loro parole quando sono carichi di emozioni perché stanno ancora cercando di imparare i nomi per identificare i propri sentimenti e mancano quindi di autocontrollo. Non sempre ascoltano perché possono prestare attenzione solamente ad una cosa per volta e questa non sempre coincide con quel che gli stiamo dicendo.

I bambini hanno bisogno di essere legati a noi perché ci possano seguire, ma, allo stesso tempo, hanno anche l’istinto di resisterci. Questo non è un errore, ma parte di un sofisticato piano di sviluppo volto a far maturare ogni essere umano. Mentre noi possiamo spesso essere confusi dal loro comportamento, loro seguono solamente istinti ed emozioni.

Quando faccio un passo indietro per cercare di comprendere appieno i bambini piccoli con tutti i loro comportamenti sconcertanti ed immaturi, in relazione al modo con cui li trattiamo, vedo chiaramente che, in qualche modo, abbiamo smarrito la strada. Ci siamo allontanati dalla nostra intuizione che sa bene che i bambini rappresentano il momento più immaturo della vita. I primi sei anni di vita sono straordinari, ma non abbiamo davvero accettato quanto siano distanti dall’età adulta in termini di comportamento. Osserviamo abitualmente il loro comportamento attraverso la nostra “lente” di adulti e perdiamo lo splendore e la meraviglia che i bambini rappresentano. A loro piacerebbe davvero che noi smettessimo di rinfacciargli la loro immaturità; diamo loro un po’ di tempo per crescere e per lavorare attivamente alla creazione di condizioni favorevoli alla propria crescita personale.

2- Il gioco è in pericolo soprattutto per chi ne ha più bisogno. 

La seconda cosa che mi ha colpito, facendo ricerca sul gioco e sui bambini, è come giocare sia diventata un’attività in pericolo in tutto il mondo. Ad essere onesti, questa è stata ed è tuttora una constatazione che spezza il cuore. La spinta verso la scolarizzazione precoce e verso attività strutturate è dilagante ed è il segnale più chiaro che stiamo dando una svolta sbagliata al nostro rapporto educativo con i bambini.

Ciò che mi lascia perplessa è il modo con cui ignoriamo decenni di scienza dello sviluppo che dimostrano come il gioco, per i bambini, sia fondamentale per la crescita e per un sano sviluppo. Il gioco è il luogo in cui la crescita e lo sviluppo, sia cerebrale sia emotivo, fanno un salto di qualità. Sono allarmata dalle implicazioni che possono esserci per i bambini piccoli in termini di individualità e benessere emotivo.

Mentre passavo un po’ di tempo a riflettere sul motivo per cui ignoriamo la ricerca sullo sviluppo e la nostra intuizione sull’importanza del gioco, ho pensato che si trattasse della paura dei genitori circa il futuro del proprio bambino. I genitori sono preoccupati che, se non spingono i propri figli ad una scolarizzazione precoce, possano rimanere indietro in una società basata, a livello globale, sulla competizione e sulla tecnologia. La diffusa convinzione di fondo è che “prima è meglio”, ma questo non è corretto dal punto di vista della scienza dello sviluppo. Possiamo spingere un bambino a svolgere questo tipo di attività strutturate, ma ciò comporterà un costo per la sua vitalità ed individualità, oltre che per un suo sano sviluppo generale.

Sono più che mai decisa a difendere e proteggere con fermezza i diritti dei bambini piccoli e il loro bisogno di giocare.

[continua]

Non perdere la seconda parte dell’articolo in uscita nei prossimi giorni!

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