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Bebè a costo zero o a peso d’oro?

15.000 € è la cifra di cui si è parlato in questi giorni sui giornali a proposito dei costi legati all’accoglienza di un bambino. Certo, 15.000 € è la cifra massima, e viene sottolineato che chi è molto accorto può risparmiare e “arrangiarsi” con la metà della cifra. Che sono, comunque, più di 7.000 €. I dati sono quelli aggiornati di anno in anno dall’Osservatorio Federconsumatori e si riferiscono alle spese sostenute in gravidanza e nel primo anno di vita del bambino.
D’altronde, il mercato dei prodotti per l’infanzia è fiorente, ogni anno spuntano nuovi gadget e accessori che la pubblicità (che sa fare bene il suo mestiere) definisce indispensabili per il benessere del bebè e per la comodità della mamma. E chi mai vorrebbe far mancare qualcosa alla propria creatura? Per un figlio solo il meglio. E così arriviamo al punto. Cos’è il meglio per un bambino piccolo?

Cosa serve davvero per accogliere un neonato e accompagnarlo nella sua crescita?

La risposta non è immediata. Per la maggior parte dei futuri genitori il proprio figlio è il primo bimbo che si troveranno ad accudire, è venuta a mancare l’esperienza che un tempo era garantita dalla famiglia allargata, dalla possibilità di osservare la propria madre prendersi cura dei fratelli più piccoli, la zia dei cuginetti, la vicina di casa dei suoi bambini.
Il neonato dell’immaginario comune è diventato quello che mangia (4-5 volte al giorno), dorme (se è “bravo” tutta la notte) e sorride felice dalla sua sdraietta. Insomma, è il neonato della pubblicità che ha bisogno di numerosi accessori e che in quegli accessori sembra trovare la felicità. Sembra, perché in effetti non è così. Perché la maggior parte dei neonati non mangia 5 volte al giorno, ma molte di più, non dorme tutta la notte, dato che i risvegli notturni nel primo periodo della vita sono fisiologici, e non sorride felice dalla sua sdraietta perché ha bisogno di contatto e quindi del corpo del genitore.
Ecco, questo è il grande problema degli accessori, delle liste nascita, del passaparola incentrato sulle spese da sostenere. Il problema non è soltanto il rischio di investire molto denaro in oggetti superflui, il punto è che abbiamo deviato l’attenzione dei genitori dai veri bisogni del bambino a tutta una serie di bisogni indotti, creati ad arte dalla pubblicità. Bisogni che non c’erano, che non sono quelli con cui il bambino viene al mondo, ma che rispondono all’esigenza delle aziende di vendere i loro prodotti.

L’influenza della pubblicità

Quando il bimbo nasce spesso ci si accorge che non è interessato ai tanti accessori acquistati per lui, ma cerca insistentemente il contatto, il contenimento, la vicinanza. Ebbene, ha ragione lui. Il mercato ci ha ingannato. Un neonato è stato per 9 mesi nella pancia della sua mamma, sempre con lei, cullato dal battito del suo cuore, dalla sua voce. Contenuto, accarezzato, mai solo. Quando nasce e si ritrova in un mondo tutto nuovo e sconosciuto, è normale che “cerchi” lei, la sua mamma, per tornare a sperimentare le sensazioni di benessere della sua vita prenatale, per sentirsi bene, al sicuro.
Quando nasce, un bimbo non conosce cullette e carrozzine, ma conosce la sua mamma. La conosce bene. Il bebè è un mammifero, è un cucciolo, non un piccolo consumatore in erba. Alla nostra società però questo non piace. La tenerezza non convince, insospettisce. E così piovono i consigli (non richiesti) e le critiche. “Non devi tenerlo sempre in braccio”, “Così lo vizi!”, “Crescerà mammone”.

Distinguere tra accessori utili e priorità

Il neonato della pubblicità non sta in braccio a mamma e papà, non si addormenta beato al seno materno, non ha bisogno di contatto. Certo che no! Altrimenti chi spenderebbe più 15.000 € in accessori? O 10.000? O 5.000?
Questa riflessione non vuole offrire consigli per gli acquisti, non vuole dire cosa comprare o non comprare. Ogni famiglia fa le sue scelte, ogni genitore è diverso e ha le sue preferenze, ogni bimbo che nasce è unico e speciale, generalizzare non si può e non si deve.
Però sarebbe importante volgere lo sguardo nella direzione giusta: quando si aspetta un bimbo la strada per rispondere ai suoi bisogni, per renderlo felice, non è quella indicata dalle aziende e dal senso comune. La via non è comprare. Gli accessori sono, appunto, accessori: secondari, complementari, marginali. Alcuni utili, altri meno, quello si vedrà. Ma le priorità sono altre. La risposta alla maggior parte delle necessità del bambino che nasce non si acquista e non ha il cartellino del prezzo.
Si risparmia denaro, si acquista consapevolezza. La responsabilità è più grande, e anche l’impegno, perché comprare, in fondo, può essere facile. Un figlio non ci chiede di spendere, ma di essere. Una grande sfida per i genitori. Forse la più grande. Ma anche la più bella.


di Giorgia Cozza
Giornalista e scrittrice specializzata nel settore materno-infantile.

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