L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) raccomanda che i bambini ottengano tutti i nutrimenti necessari solamente dal latte materno per i primi sei mesi della loro vita; dopo quell’età, l’ente suggerisce di continuare con l’allattamento almeno fino ai due anni del bambino, introducendo nel frattempo altri alimenti nella sua dieta.
Perché l’allattamento e il latte materno sono la scelta preferibile?
Secondo l’APA (American Pregnancy Association), il latte materno offre al bambino in crescita una serie di nutrienti, tra i quali:
- Proteine per una “digestione facile e veloce” e per abbassare la probabilità di infezioni;
- Carboidrati che riducono la presenza di batteri nocivi e facilitano l’assorbimento di altre vitamine presenti nel latte materno;
- Grassi per un giusto sviluppo del cervello e del sistema nervoso;
- Vitamine (A,B,C,D,E, e K) che contribuiscono al generale benessere e salute del bambino.
Il latte materno garantisce quindi, sostiene l’APA, molte sostanze nutritive che aiutano a proteggersi dalle infezioni e a ridurre la possibilità di futuri problemi di salute tra cui diabete, obesità e asma. Aggiunge che l’atto stesso dell’allattamento offra benefici: aiuta per esempio a fermare il sanguinamento dopo il parto, riduce il rischio di cancro al seno e alle ovaie e rafforza il legame madre-figlio.
Ecco perché molti esperti reputano così importante far sì che una madre abbia accesso ad adeguate cure durante il processo di allattamento. Affinché il bambino acquisisca i giusti nutrienti attraverso il latte materno, questi devono essere prima assorbiti dalla madre in modo che poi possa passarli al neonato.
Ma cosa succede se la mamma che allatta assume altre sostanze?
Più specificamente, qual è l’effetto di queste sostanze, legali e illegali, sull’allattamento e sul latte materno?
Dato che i nutrienti nel latte materno provengono da quelli consumati dalla madre, lo stesso può essere detto per le altre sostanze da lei assunte. Più semplicemente: se la madre immette nel suo corpo un qualsiasi tipo di droga, è possibile che essa passi al bambino.
Dunque, esistono specifiche raccomandazioni riguardanti ogni tipo di sostanza, che sia legale o illegale, e il suo consumo da parte di una madre che allatta.
Eccone una serie delle più comuni.
- Caffeina
Secondo la Michigan State University, l’assunzione di caffeina protegge le cellule cerebrali, riduce il rischio di calcoli, previene molteplici malattie cardiache e attenua il mal di testa. Ma quale effetto ha la caffeina sul latte materno?
Ricerche hanno scoperto che si osservano alte concentrazioni di caffeina nel latte materno sessanta minuti dopo averla ingerita. L’AAP (American Academy of Pediatrics) dice però che meno dell’1% viene trasferito dal latte materno al bambino. Proprio perché si tratta di una quantità così bassa, l’AAP ritiene possibile consumare caffeina durante l’allattamento, sebbene con moderazione. È anche utile diluire l’assunzione nell’arco della giornata.
Se si nota irritabilità o insofferenza nel bambino, l’AAP suggerisce di diminuire la quantità di caffeina e vedere se si hanno risultati positivi. Per esempio, la sua esclusione durante l’ora che precede l’allattamento può limitarne la quantità passata al bambino.
Bisogna ricordare che la caffeina può essere assunta in vari modi oltre che tramite il caffè, il tè e le bevande gassate. È infatti anche presente nel cioccolato e in molte medicine per il mal di testa.
- Alcool
Uno studio pubblicato dal New England Journal of Medicine ha esaminato 12 donne in allattamento, ognuna delle quali ha consumato 0,3 grammi di alcool etanolo per ogni chilo di peso corporeo. Dopo il consumo di alcolici, l’odore del loro latte diventava più intenso per trenta minuti, fino a un massimo di un’ora, e sempre più forte quando la presenza dell’alcool nel latte raggiungeva il picco.
Per fini di paragone, questo è il contenuto alcolico di alcune bevande standard:
Birra 35,4 cl – 5% alcool
Vino 14,7 cl – 12% alcool
Liquore 4,4 cl – 40% alcool
Lo studio ha inoltre scoperto che i bambini poppavano più frequentemente nel primo minuto di allattamento dopo che le madri avevano assunto alcool, ma allo stesso tempo consumavano decisamente meno latte. I ricercatori hanno così concluso che l’assunzione di alcool influenzi i comportamenti alimentari del bambino.
Il National Institute on Drug Abuse (NIDA) suggerisce che l’allattamento dovrebbe essere evitato per due ore dopo il consumo di alcolici. In questo modo ogni residuo di alcool consumato dalla madre ha il tempo di lasciare il corpo prima di essere potenzialmente passato al bambino. Lo stesso ente sostiene anche come la scienza abbia scoperto che l’alcool non aumenti la produzione di latte materno e possa interrompere il ciclo del sonno del bambino allattato. È bene sapere, quindi, che se si sta lottando per produrre abbastanza latte o se il neonato sta avendo problemi di sonno, l’alcol potrebbe esserne il responsabile.
Leggi l’articolo originale: How Substance Abuse Affects Breastfeeding
Traduzione di Benedetta Caia.