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Le emozioni dell’attesa nella coppia (II parte)

Per la rubrica Gravidanza e parto continua il primo contributo di una nuova collaboratrice: Francesca Mandis, neomamma che racconta le emozioni dell’attesa, è psicologa e psicoterapeuta a indirizzo cognitivo costruttivista ed evolutivo, lavora con bambini e adulti in contesti individuali e di gruppo, fornisce sostegno alla genitorialità e orientamento agli educatori e insegna nella scuola dell’infanzia.


Il processo di differenziazione dal bambino viene favorito dalle evidenti modificazioni corporee della mamma ed è alimentato dai sempre più evidenti e pregnanti movimenti fetali.
In questa fase si tende ad attribuire ai vari movimenti delle valenze affettive specifiche (gioia, disagio, protesta, fame) in conformità all’immagine ideale di figlio che la coppia ha sviluppato. Si assiste anche a una necessità materna di rallentare con i ritmi di vita e spesso può subentrare un vissuto di tristezza, di introversione che porta la gestante a ricercare attivamente momenti di solitudine. Questi, contrariamente a chi può caricarli di accezioni negative, ritengo siano fisiologici e altamente immunologici.

La donna si ritrae in sé per elaborare gli ultimi contenuti rimasti inesplorati di questo viaggio ed è qui che si palesa in tutta la sua portata l’attesa e la pazienza. È importante normalizzare questa esigenza di spazi e silenzi, senza etichettarli con diagnosi affrettate. È importante trovare la propria dimensione e concedersi tutto lo spazio che l’anima di questa sorgente che sta per esplodere richiede.

In questa fase è naturale la preoccupazione per il travaglio e il parto. In un’epoca in cui siamo abituati a programmare e prevedere la maggior parte degli eventi è normale quanto l’imprevedibilità del parto spaventi e inneschi nella donna immagini di perdita di controllo di sé e della situazione. Per alcune donne il momento del parto è rassicurante ed è positivo per queste sapere che esso rappresenti una delle poche manifestazioni totalmente istintuali rimaste nella specie umana, e quindi l’unica cosa da fare è non ostacolare la naturale disposizione del proprio corpo che sa, che sente e conosce. Per altre donne, che non raggiungono un livello di conoscenza di sé articolato e profondo o che per struttura personale aderiscono ad un’immagine di sé razionale e controllante, l’idea del parto chiaramente può suscitare maggiori difese, paure e pensieri disfunzionali che potrebbero non aiutare durante la fase di travaglio. Sappiamo quanto i pensieri influenzino l’emotività e quanto questa a sua volta sia direttamente collegata con una cascata di ormoni e neuro trasmettitori (ossitocina, prolattina, prostranglandine) che proprio durante il travaglio e il parto giocano un ruolo fondamentale.



È importante pertanto “educare” la coppia attraverso percorsi di preparazione al parto opportunamente pensati per esplorare le paure, le incertezze e normalizzare tutte le fantasie che spesso si ritengono presenti solo nelle proprie menti. La condivisione in gruppo, pertanto, risulta essere fondamentale per aderire ad un’immagine più serena di questa fase della vita della coppia e della gravidanza.

In questo “tempo” la coppia si prepara ad estroflettere il loro bambino costruendo uno spazio fisico, esterno. Vi è il passaggio da ciò che fino a quel momento era stato spazio mentale a spazio concreto e fisico. Si prepara generalmente in questa fase la cameretta e tutto il necessario, secondo le esigenze della coppia, per accogliere il proprio bambino. Questo fare assume una connotazione fortemente simbolica. L’organizzazione degli spazi sancisce il tempo dell’accoglienza e di uno spazio sicuro per il proprio bambino.

L’uomo in questa fase vive sentimenti differenti. Il senso di responsabilità si mescola al timore per l’incolumità della donna e del bambino durante il parto e il bisogno della sua compagna di sentirsi sostenuta e rassicurata lo induce a farsi carico delle sue ansie oltre che delle proprie.

Il parto, per entrambi i membri della coppia, non è un’esperienza neutra poiché vi confluiscono le aspettative, le ansie e le eventuali incomprensioni dei nove mesi d’attesa. Solo se la gravidanza è stata vissuta insieme come progetto d’amore, come progetto di coppia, questo momento segnerà la nascita di una triade forte e coesa.


di Francesca Mandis
Psicologa e psicoterapeuta a indirizzo cognitivo costruttivista ed evolutivo e insegnante nella scuola dell’infanzia.

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