Oggi parliamo di concentrazione.
Addentriamoci nel senso profondo di questo stato della mente per cercarne l’essenza. A cosa serve? A cosa ci serve?
Cos’è la concentrazione?
Per la scienza la concentrazione è una grandezza che esprime il rapporto tra la quantità di un componente rispetto alla quantità totale di tutti i componenti di una miscela. Ma non è questo quello di cui parleremo oggi.
Comunemente si parla dell’attività di fissare con intensità il pensiero su un oggetto, o della capacità di aderire con la mente a qualcosa.
Ma neanche questo è esattamente quello di cui volevo parlare.
Per me la concentrazione è la possibilità di immergersi in qualcosa e lasciarsi andare nell’esperienza che si vive, senza essere disturbati.
Non è passività, è invece una pura esperienza diretta.
È una condizione in cui si può ascoltare e cogliere le cose nuove, che arrivano da sé e si mostrano davanti a noi.
La scelta di fare istruzione familiare ci permette di avere maggiori esperienze di questo tipo.
Sono esperienze di qualità, che sono impresse con forza nella memoria e non se ne vanno.
Non è importante che siano tantissime, non deve esserci una ricerca sfrenata di questa concentrazione, di questa attitudine alla scoperta. Dobbiamo invece cercare di proteggerla quando arriva, per non farla sfumare. È qualcosa di naturale, di spontaneo. Per questo va protetta e non si può costruire in modo progettuale, a tavolino.
Dalla mia esperienza personale, mi rendo conto che devo cercare di custodire e difendere i piccoli grandi momenti di sincera concentrazione dei miei figli.
Ed è bello vedere, poi, come loro si ricordino i dettagli di certe nostre giornate che abbiamo trascorso insieme molto tempo fa. Siccome si tratta di giornate speciali, in cui ci siamo goduti appieno la nostra avventura, la memoria è ancora fresca. I collegamenti sono ancora vivi.
Questo tipo di concentrazione di cui parlo non è la stessa che viene invocata quando si dice: «Concentrati! Devi concentrarti per fare le tue cose!», non può essere invocata, ma può sorgere semplicemente e autonomamente quando ci sono i giusti presupposti. Come per le piante: non si possono far crescere banane nella steppa, bisogna prima cercare il giusto clima, il giusto terreno e tutti gli aspetti necessari alla loro crescita.
Anche a me succede di rimproverare i miei figli sul fatto che debbano concentrarsi per ottenere ciò che vogliono, per carità, non siamo perfetti. Ma perché non cercare di migliorarci? Quando rifletto su questi miei comportamenti, mi rendo poi conto che non siano molto adeguati e che effettivamente non aiutino la spontaneità dell’esperienza dei miei figli. Allora mi dico che sarà meglio che mi concentri sulle mie cose e che lasci a loro, le loro!
di Phoebe Raye Carrara
Mamma homeschooler e fondatrice, segretaria, tesoriere dell’Associazione Istruzione Famigliare – www.laifitalia.it.
Scrive anche sul blog La scuola naturale.