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La fame emotiva: quando il cibo consola (II parte)

La fame emotiva non è legata alla necessità di nutrirsi, ma alla ricerca di conforto, al bisogno di allontanare la noia, o sorge in risposta a un’emozione.
Il rifiuto ostinato o la voracità insaziabile del bambino possono nascondere timori più profondi, le difficoltà di diventare grandi, poiché il cibo è un linguaggio e può comunicare anche un disagio. Serve allora qualcuno che tenda la mano, qualcuno che guidi chi chiede aiuto a scovare la ricetta della crescita.
In questa seconda parte, Francesca Pamina Ros, suggerisce come favorire un’educazione alimentare, che sia prima di tutto sensoriale, partendo dai libri dedicati all’infanzia.


Leggi la prima parte.


L’importanza dell’educazione sensoriale

Prima di occuparmi di redazione e di coordinare poi i progetti illustrati per Il leone verde Piccoli, ho lavorato in asili e scuole primarie, affiancando sempre alla didattica ordinaria proposte di laboratori manuali e creativi, cucina compresa.
Anni in cui, più che mai, ho compreso come il cibo possa erigere dolcissimi ponti e abbattere frontiere amare, riunirci a una tavola rotonda in cui tutti siamo uguali, senza gerarchie prestabilite, né buone maniere da osservare.
Gli incontri erano momenti che coinvolgevano occhi, naso, bocca, mani e gestualità, aprivano i sensi e la curiosità verso temi che vanno dalla percezione immediata alla storia dell’uomo, alle cucine del mondo, all’infinito sapere poiché ciò che si sperimentava con piacere portava alla conoscenza e alla cura¹. L’educazione sensoriale, allora, prima ancora che l’informazione nutrizionale, permetteva di instaurare un rapporto veramente tangibile con la realtà perché veicolato dalla manipolazione, dalla preparazione di semplici impasti, dall’accostamento di prodotti, dalle loro trasformazioni.

L’educazione alimentare e i libri

Vorrei quindi almeno accennare al “lavoro” di educazione alimentare che può attuarsi con le nuove generazioni, aiutati dalla recente produzione editoriale che sempre più focalizza l’attenzione ora sull’aspetto storico ed etnologico del cibo, ora su quello gastronomico e dietetico.
Testi che tracciano una panoramica sulle origini e sulle caratteristiche di alcuni alimenti essenziali oppure che illustrano i principi di base per una sana e corretta alimentazione, o, ancora, che presentano veri e propri ricettari per tutte le fasce d’età.
Testi che rivelano il rinnovato e attuale tentativo di imparare insieme, di recuperare consuetudini casalinghe, di ripristinare una manualità forse andata perduta.



In questa linea si inserisce una delle prossime uscite per Il leone verde Piccoli, un nuovo cofanetto di carte con i testi di Elisa Mazzoli e le illustrazioni di Margherita Borin (dal titolo ancora segreto!). Un progetto che abbiamo seguito con entusiasmo, che vuole essere uno strumento per invogliare i più piccoli – ma non solo – ad assaggiare tanti alimenti diversi, anche quelli più insoliti, divertendosi.

E questo è stato possibile grazie all’autrice che ne scrive davvero per tutti i gusti: dalla filastrocca, al rap, all’indovinello, senza però dimenticare la correttezza dei nomi, la specificità dei termini utili a conoscere, per esempio, le parti del sedano o le varietà di insalata; e, insieme, alle illustrazioni che uniscono nella stessa tavola il rigore scientifico di un erbario e la fantasia dell’artista: non stupitevi quindi se un fungo diventerà un ombrellone o se una carota e un cetriolo finiranno per sposarsi!

La cucina: un fervente laboratorio di identità e cultura

Se un tempo la cucina era un fervente laboratorio dove si esercitava un’arte magica per cui le poche risorse disponibili diventavano formulazioni elaborate e il piccolo vi cresceva anche fisicamente, vedeva gli alimenti, scopriva gli aromi, partecipava seppur marginalmente a un gioco complicato e imparava regole nuove, oggi è sovente un ambiente angusto, considerato pericoloso e poco igienico per il bambino che più non vede e più non partecipa, dunque sovente non capisce².

Ma se la famiglia è assente nel ruolo di trasmissione di corrette valenze culturali, se il contesto in cui il bambino cresce è fuorviante dall’indirizzare una curiosità verso il cibo, se non è più storia e avventura, come si possono scoprire tutte le consistenze e i profumi che lo caratterizzano?

Inutile è forse aderire a un’idea favolosa della fantasia infantile e sforzarsi di essere sovranamente decorativi: «tartine come maialini, uova come funghetti, coppe di mousse trasformate in musi di gatto, biscottini in forma di astronave […]; l’ornamentazione della gastronomia per bambini si modella [così], dal punto di vista psicologico, sull’archetipo della casetta di marzapane di Hänsel e Gretel»³.

Prima ancora di imbellettare e consigliare ai bambini un alimento è importante assaggiarlo insieme, stuzzicare semmai la loro curiosità che è «il toccasana per superare la naturale “neofobia” causata da tutto ciò che non si conosce, ed è lo strumento per incrementare l’esperienza sensoriale».


di Francesca Pamina Ros
Redattrice blog e editor Il leone verde Piccoli


¹ E. Bussolati, Dimmi quel che mangi, in «Andersen», n. 302, a. XXXII, maggio 2013, pp. 15 e 17.
² M. Riva, Confrontare, imparare, sperimentare, in M. Baruzzi, M. Montanari., G. Rossi (a cura di), I libri del pentolino magico. Cibi, alimentazione, ricette e storie nei libri per ragazzi, Imola, Grafiche Galeati, 1996, p. 26.
³ Ivi, p. 21.
M. Pace, Un’educazione che parte dal naso, in «Andersen», op. cit., p. 13.

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