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Quali sono gli effetti psicologici del lockdown sui nostri figli?

Se stiamo a sentire il ministro dell’Istruzione, l’impegno del governo per la scuola negli ultimi mesi
è stato eccezionale: un lavoro enorme, uno stanziamento economico stellare, bandi internazionali
per forniture, consulenze dei migliori specialisti. Un marziano che fosse atterrato a settembre in Italia trarrebbe da queste dichiarazioni il sicuro convincimento che i bambini sono all’apice dei pensieri e delle preoccupazioni dell’amministrazione statale.
Noi invece siamo freschissimi dell’esperienza dei primi mesi di quest’anno e siamo testimoni al
contrario dell’assoluto disinteresse governativo verso i nostri figli.
Chi può far finta di non sapere della sofferenza lancinante inflitta inutilmente ai nostri figli, costretti per mesi in appartamenti trasformati in carceri e con genitori isterici percepiti come carcerieri?
E quindi no, non cadiamo proprio nell’inganno della scuola preparata per il rientro: la scuola è diventata un’organizzazione totalitaria a metà strada tra la prigione e l’ospedale psichiatrico, dove i più piccoli sono costretti a una vita assurda, fatta di gesti irragionevoli, relazioni malate, esperienze demenziali.
Nessuno sembra rendersi minimamente conto dei danni psichici ai quali stiamo condannando i più piccoli membri della società. Per questo riteniamo importante dare spazio all’intervento alla Camera di Patrizia Scanu, psicologa e mediatrice familiare, riportato qui di seguito nei suoi punti salienti.

Un rischio invisibile

Se il periodo di lockdown forzato è stato senza dubbio difficile per tutti, c’è una categoria che ha sofferto maggiormente le conseguenze psicologiche dell’isolamento forzato. Si tratta di bambini e adolescenti, che sono stati costretti a cambiare completamente le proprie abitudini, compromettendo seriamente il proprio sviluppo sociale e psico-emotivo.
Fin dall’inizio della pandemia lo studio della casistica ha dimostrato che il rischio di contrarre il Covid-19 è, per bambini e adolescenti, molto limitato, eppure sono stati la fascia d’età più colpita da un punto di vista psicologico.

La quarantena e l’interruzione dell’attività scolastica hanno comportato l’insorgere non soltanto di disagi, ma a volte di vere e proprie patologie: il clima di paura creato dai media, l’isolamento prolungato e l’assoluta proibizione di avere il benché minimo contatto fisico con familiari, amici e compagni di classe, ha comportato strascichi emotivi non indifferenti. Sappiamo dalla ricerca, infatti, che i danni derivanti dall’isolamento sono ampi e duraturi e incidono profondamente sulla salute e sul benessere psicologico. Gli esseri umani hanno un irrinunciabile bisogno di contatto fisico e sociale, grazie al quale viene stimolata la produzione di ossitocina, il cosiddetto “ormone dell’amore”, che favorisce i legami e i comportamenti prosociali.
Stress post-traumatico, ansia, sintomi depressivi, perdita di motivazione, senso di affaticamento fisico e cognitivo, sentimenti di autosvalutazione, disperazione, tristezza, rabbia, paura e colpa, disturbi emotivi, disturbi del sonno, irritabilità e agitazione psicomotoria, sindromi depressive, aumento della violenza e dell’aggressività sono solo alcuni dei rischi immediati legati all’isolamento sociale, e le vittime sono i nostri figli.  
Come dimostra infatti un’indagine condotta dal reparto di Neuropsichiatra Infantile del Gaslini di Genova, a tre settimane di lockdown, sono state rilevate problematiche comportamentali e sintomi di regressione nel 65% di bambini di età minore di 6 anni e nel 71% di quelli di età maggiore di 6 anni (fino ai 18).

Gli effetti psicologici a lungo termine

Gli effetti psicologici del lockdown non si manifestano solo sul breve periodo, ma anzi possono anche avere conseguenze più durature.
Un recente studio statunitense pubblicato sul Journal of the American Academy of Child and Adolescent Psychiatry ha concluso che l’impatto della solitudine sulla salute mentale potrebbe durare almeno 9 anni.
La sofferenza psicologica di bambini e adolescenti può manifestarsi a scoppio ritardato e in modi imprevedibili, incrementando le chance di sviluppare sintomi di depressione, diminuzione dell’autostima, ipertensione e disturbi comportamentali.
Inoltre, l’utilizzo prolungato di mascherine ostacola la comunicazione verbale e quella non verbale, che rappresenta più del 90% della comunicazione umana e che passa in misura consistente attraverso la mimica facciale.
La percezione e il riconoscimento delle espressioni facciali sono implicati nello sviluppo delle competenze empatiche, nella comprensione delle intenzioni altrui, nell’espressione e nella comunicazione delle emozioni. Per questo motivo, imporre la mascherina in età evolutiva potrebbe interferire con il processo di sviluppo cerebrale, con la probabile compromissione di alcune fondamentali competenze emotive e sociali, indispensabili per una normale vita di relazione.

Se lo stress indebolisce le difese immunitarie

Il malessere psicologico che bambini e adolescenti hanno vissuto nel periodo del lockdown non ha comportato soltanto conseguenze sulla loro psiche, ma anche sul loro sistema immunitario, indebolito da una persistente condizione di stress.
In un momento di pandemia globale — proprio quando si auspicherebbe la salvaguardia della propria salute mediante uno stile di vita sano e all’aria aperta, una sana alimentazione e una saggia gestione delle proprie emozioni — ha purtroppo avuto la meglio la narrazione fatta dai media, che non ha fatto che esacerbare la situazione.
Chiusi in casa, brutalmente separati dai loro coetanei, bombardati di notizie e di immagini terrorizzanti, privati di ogni sostegno psicosociale, i bambini e gli adolescenti, specie i più fragili a livello personale, socioeconomico e familiare, sono stati le vittime di una forma di ipercura istituzionale con esiti potenzialmente devastanti. Eppure, spetterebbe proprio agli adulti — ai genitori, agli educatori e agli insegnanti — proteggerli da un pericolo ben più reale e tangibile del Covid-19: quello di rinunciare alla propria infanzia e alla propria serenità.


di Patrizia Scanu
Autrice, docente di Scienze umane e psicologa.

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