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Gestire l’emergenza sanitaria in una scuola Montessori

È significativa la concomitanza del coronavirus con i 150 anni dalla nascita di Maria Montessori… quasi aspettassimo da lei un suggerimento, un’indicazione. Nelle scuole non possiamo sottovalutare e tanto meno ignorare le disposizioni per la sicurezza di bambini e adulti. Ma si parla di isolamento, di mascherine e guanti, di distanze, di riduzione dei contatti: come possiamo pretendere questo innaturale comportamento dai bambini di tre, quattro, cinque anni?
Che cosa avrebbe fatto Maria Montessori?

Assorbire stimoli: un’esigenza imprescindibile

Dopo cinque mesi di isolamento, di divieto a frequentare scuole, parchi e giardini, di distacco dagli altri bambini, che cosa possiamo offrire adesso ai nostri figli? Da dove possiamo partire?
La risposta è sempre la stessa: il punto di partenza devono essere i bisogni dei bambini, differenti a seconda dell’età del piccolo, nel tentativo di conciliare le loro necessità con le regole dettate da questa particolare situazione. Ovviamente i bambini non se ne rendono conto, ma possiedono una speciale attitudine ad apprendere che consente loro in ogni momento di modificare le proprie mappe neuronali: il loro cervello è plastico, ed è pronto a modificarsi in rapporto con l’ambiente.

Per questo è sull’ambiente esterno al piccolo che dobbiamo lavorare.
Un conto è l’osservanza di alcune regole, un conto è impedire il lavoro della mente, nata per assorbire stimoli e condurre il bambino a crescere e a sviluppare astrazioni e linguaggio. Si tratta di facoltà che nessun adulto gli può insegnare direttamente, dal momento che il cervello del piccolo si sviluppa attraverso l’esplorazione. In questo modo, movimento e ambiente conducono il bambino a trasformare le informazioni in schemi mentali.

Creare un ambiente stimolante

Nel rispetto della particolare situazione, il bambino ha comunque un bisogno biologico che lo spinge a cercare nell’ambiente ciò che gli serve per continuare il suo compito creativo. Solo lui sa che cosa gli serve, per cui non c’è modo di intervenire in questo processo con un insegnamento diretto o virtuale.

Possiamo agire solo sull’ambiente, costruendolo perché sia in grado di offrire continue esperienze. Esperienze che il piccolo condurrà in prima persona, osservando quello che fanno altri bambini, possibilmente di età diverse, per attingere ispirazioni per il suo agire, come se uno scambio di sguardi e poche parole scambiate con la maestra e i compagni potessero costituire per lui una sorta di una programmazione indiretta.

Ricominciare dopo la tragedia

È il lontano 1908 quando, come descritto con passione anche dalla stessa Maria Montessori, a Messina la terra inizia a tremare, portando a una tragedia che reca con sé morte e distruzione. Sono molti i bambini che restano senza genitori. Solo qualche mese prima, a Roma, in via Giusti, era stata aperta dalle suore francescane la prima Casa dei Bambini, per ospitare sessanta orfani spaventati, feriti, sconvolti. In questo ambiente ordinato e ricco di proposte di attività modulate nel rispetto dei tempi di ciascuno e di stimoli sensoriali differenti, i bambini riacquistarono serenità. Come se si fosse trattato di una terapia del dolore, quei bambini riuscirono a ritrovare la gioia di vivere.

In una situazione molto meno drammatica, il lento ritorno alla normalità potrà avvenire soltanto se, pur sempre nel rispetto delle disposizioni sanitarie, riusciremo a lavorare sull’ambiente. Solo in questo modo i bambini troveranno soddisfazione in un lavoro scelto spontaneamente, senza giudizio e senza ansia di prestazione, nel sereno scambio di esperienze.


di Costanza Buttafava
Direttrice della Scuola Montessori Milano e formatrice dell’Opera Nazionale Montessori.

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