Tra gli interrogativi più frequenti che le mamme pongono ai loro avvocati durante una consulenza ci sono quelli relativi alla possibilità che i figli passino la notte dagli ex mariti, che spesso sono i genitori non collocatari, adducendo come motivazioni che i bambini siano ancora molto piccoli e bisognosi delle costanti cure materne.
In realtà, come spiega l’avvocato Gaia de Padua, la giurisprudenza in materia è molto chiara.
Dormire a casa di papà: le preoccupazioni più ricorrenti
Spesso, quando c’è una crisi coniugale e ci sono figli di mezzo, sorgono tante preoccupazioni, in particolare quando i bambini sono ancora piccoli e legalmente sarebbero tenuti a passare una o più notti a casa del papà.
Tra le innumerevoli ansie, ecco le più ricorrenti:
- “Dormire con il papà? Di già? Ma è troppo piccolo!”
- “Il papà non sa cambiare il pannolino! E se fa la cacca durante la notte?”
- “Il mio ex dorme come un ghiro. Non è pronto ai continui risvegli del nostro piccolo!”
- “Ma siamo in piena fase allattamento/svezzamento! Non è possibile!”
Cosa dice la giurisprudenza
Sulla questione si è espressa di recente la Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 16125 del 28 luglio 2020, ha ritenuto inammissibile il ricorso avanzato dalla mamma di un bimbo di due anni, non avendo la medesima provato che il pernottamento presso il papà (una notte alla settimana, così come indicato dal provvedimento della Corte d’Appello) potesse arrecare un pregiudizio al minore. La mamma chiedeva difatti che venisse esclusa ogni possibilità di pernottamento presso il papà “esclusivamente in considerazione della tenera età del bimbo”, a suo dire fonte di disagi non opportunamente documentati.
La Cassazione ha ritenuto inammissibile l’intero ricorso presentato dalla madre del bimbo: la considerazione della tenera età del bimbo non è elemento da solo sufficiente per escludere la possibilità del padre di tenere con sé il figlio anche di notte.
È necessario, invece, provare che l’eventualità del pernottamento sia contraria all’interesse superiore del minore e quindi tale da arrecargli uno specifico pregiudizio. Nel caso in esame la Corte ha ritenuto che la possibilità di pernottare presso la casa del genitore non collocatario una notte a settimana (con varianti relative ai fine-settimana e ai periodi feriali) sia da considerarsi consona a preservare la relazione genitoriale “a tutto tondo”.
Di notte con tuo figlio
La condivisione del sonno in famiglia
L’antropologo James J. McKenna descrive i vantaggi del sonno condiviso, riportando le più recenti evidenze scientifiche che ne evidenziato i potenziali benefici.
Il principio della bi-genitorialità
Sul punto, va sottolineato che il nostro ordinamento garantisce e tutela il rispetto del principio della bi-genitorialità, inteso quale “presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantirgli una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi i genitori”. Questi ultimi hanno il dovere di cooperare nell’assistenza, educazione e istruzione della prole (di recente Cass. n. 9764/19).
Quindi non solo di giorno con il papà ma, perché no, anche nelle ore notturne, perché la relazione padre-figlio deve esplicarsi rispetto a tutti i momenti fondamentali per la crescita psicofisica del minore, alla luce del suo superiore interesse.
di Gaia de Padua
Avvocato familiarista, esperta in diritto della persona e delle relazioni familiari, professionista collaborativo AIADC, cura il profilo e la rubrica @dirittoalcuore di cui è creatrice e fondatrice.