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Ricompensare i bambini per i lavori domestici: buona o cattiva idea?

“Tutto il lavoro merita un salario”. Stando a questo principio, dovremmo ricompensare i nostri figli per la loro partecipazione ai lavori domestici? Eppure noi adulti non siamo pagati per le faccende di casa e questo contraddice già il principio di partenza.
Ci sono quindi due modi di vedere la questione: come si collocano i diversi pareri dei genitori che considerano normale che i bambini collaborino e quelli che cercano di motivarli a fare di più?

La partecipazione alla vita familiare

Prima di parlare di ricompense, vorrei incoraggiarvi a considerare la partecipazione alla vita familiare, non come un obbligo, ma come un piacere.
Mi sembra che la confusione venga dal fatto che s’immagina che il bambino non abbia voglia di partecipare, che ci sia bisogno di obbligarlo o di trovare un altro modo per stimolarlo. Tuttavia, collaborare in casa è anche una gioia, e lo è per molti motivi.

Il senso di appartenenza

Il bambino, come tutti gli esseri umani, ha un forte bisogno di appartenenza: partecipare alla vita in famiglia vuol dire farne parte.
Tutto sta nel come come affrontiamo l’argomento. Se partiamo dall’ipotesi che gli adulti riordinino la casa, allora questa convinzione si vedrà nel nostro modo di trattare la faccenda con il bambino: gli chiederemo di aiutarci come se si tratti di un servizio che ci rende.
Se, al contrario, consideriamo il contributo di ognuno come una partecipazione alla vita comune, nessuno rende dei servizi a nessuno. Ogni componente della famiglia fa, anzi, la sua parte perché appartiene al gruppo allo stesso modo degli altri.

Sentirsi importanti

Un altro bisogno fondamentale dell’essere umano è quello di sentirsi importante.
Ognuno di noi ha bisogno di sentirsi utile, di avere un ruolo, di sentirsi capace; e questa necessità va a braccetto, chiaramente, con quella di appartenere alla famiglia, attraverso la collaborazione.
Quindi, lasciare che i bambini collaborino all’interno dell’ambiente domestico permette di nutrire i loro bisogni fondamentali, e li aiuterà a sentirsi bene con loro stessi.
Questa partecipazione è anche un modo di essere, con se stessi e con gli altri, e non un vincolo.

L’esplorazione sensoriale

Partecipare ai lavori domestici è un’attività che offre un gran numero di esperienze sensoriali per il bambino piccolo. Quanti bambini vogliono a tutti i costi passare l’aspirapolvere, svuotare la lavastoviglie, pulire la tavola?
Maria Montessori l’aveva capito bene e sviluppò tutta una serie di attività di “vita pratica”: il bambino piccolo ha la facoltà di copiare ciò che vede, di fare suoi i gesti che osserva, di sviluppare le competenze per partecipare a sua volta. In questo modo affina le sue capacità in un ambiente che ha un significato e che è fonte di un apprendimento che fa rima con il piacere di imparare.
Accade solo più tardi che il bambino, sovente perché l’abbiamo demotivato limitandolo da piccolo (perché non svolgeva bene i compiti, perché era più veloce fare senza di lui), perda questo slancio. Ed è un vero peccato!

La ricompensa demotiva

Veniamo ora al cuore della questione: ricompensare oppure no.
Possiamo sicuramente vedere l’aspetto positivo della cosa: il bambino ha portato a termine un certo compito e quindi merita di essere ricompensato. Notate, però, come questa semplice affermazione contraddica ciò che abbiamo detto precedentemente, cioè il presupposto che partecipare non sia piacere.
Più i nostri figli verranno ricompensati per i lavori domestici svolti, più svilupperanno questa visione. Anche noi siamo fatti così: più la ricompensa cresce, più la nostra motivazione decresce. La ricompensa, in realtà, prende il posto della motivazione intrinseca e quindi, in fin dei conti, demotiva: una bella trappola insomma! Così, credendo di motivare i nostri figli, insegniamo loro, al contrario, che la sola motivazione per il loro contribuito consista nella ricompensa.
Nel breve termine, si può ben scommettere che la promessa di una ricompensa incoraggi i nostri bambini a collaborare alle faccende domestiche richieste con gentilezza, ma la questione della ricompensa sarà allora sempre presente. Se infatti quest’ultima dovesse sparire, sparirebbe anche la motivazione.
Ora, quale motivazione vorremmo che i nostri figli avessero per partecipare alla vita domestica? Sosteniamo abbastanza la loro voglia di soddisfare i bisogni di appartenenza e importanza attraverso il ruolo che abbiamo affidato loro all’interno della famiglia?
Stando a ciò che dice Alfie Kohn, autore e docente nei settori dell’educazione, della genitorialità e del comportamento umano, la cooperazione senza la ricerca di una ricompensa non solo rende i lavori domestici più piacevoli, ma ne migliora anche i risultati.

Casi particolari: quando dare la “paghetta”

Avrete quindi capito: la paghetta e i lavori domestici ottengono risultati migliori quando non sono in relazione l’una con gli altri.
Quando scegliamo di dare la paghetta ai nostri figli, vogliamo aiutarli a sviluppare il loro senso di gestione, desideriamo offrire la possibilità di una scelta per i loro acquisti. Ciò non dovrebbe mai essere un modo per esercitare potere su di loro, scegliendo di dare o ritirare i soldi in base al loro comportamento, altrimenti ricadiamo in una relazione verticale all’interno della quale il più forte vince.
Significa quindi che non potremo aiutare i nostri figli a guadagnare un po’ di soldi quando ne avranno bisogno?
Credo che un caso particolare esista: ci sono molti lavori domestici per i quali saremmo pronti a pagare qualcuno di esterno per svolgerli; se questo è il caso, la persona indicata potrebbe essere nostro figlio. Per esempio quando si tratta della manutenzione del giardino, del lavaggio della macchina, di pulire la grondaia, e molto altro. Allora sì, non si tratta più di partecipazione ordinaria alla vita in famiglia, ma dell’opportunità di svolgere un “lavoretto”.

Trovare insieme la soluzione

La questione della ricompensa rischia di sollevare un’altra difficoltà: quella della giustizia.
Chi è che dovremmo ricompensare? Con quale frequenza?
Ci si potrebbe facilmente trovare in un gioco di rivalità per decidere chi va a fare che cosa e per quanto tempo. Se invece cerchiamo la serenità in famiglia e partecipiamo con slancio tutti insieme alla vita domestica, abbandoniamo l’idea della remunerazione e cerchiamo un modo alternativo affiché ognuno trovi il suo ruolo. Organizziamo al bisogno delle riunioni per ripartire i lavori domestici, ci permetteranno di trovare la migliore soluzione insieme, dandoci l’idea, tra l’altro, di una vera vita comunitaria. Saranno occasioni per sviluppare il reciproco sostegno, lo spirito di gruppo, la condivisione, l’empatia.


Dalla rivista e blog Grandir Autrement, articolo di Coralie Garnier
Traduzione di Elisa Gregorio
Revisione di Francesca Pamina Ros

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