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sos bambini digitali

Mena Senatore, autrice e docente, con il libro Bambini digitali aveva già lanciato un grido d’allarme, troppo spesso inascoltato, a proposito di un’emergenza sociale che riguardava l’infanzia e l’adolescenza.
L’eccessiva digitalizzazione e l’uso precoce dei dispositivi erano stati inquadrati alla luce di importanti studi scientifici (che ne dimostravano i rischi a livello di sviluppo evolutivo) e ritenuti responsabili o co-responsabili di una compromissione dello sviluppo delle capacità cognitive, del declino dell’empatia, della dispersione dell’attenzione e della concentrazione, a scapito dell’apprendimento.

La docente riflette su come, se prima il “pericolo” dell’eccessiva digitalizzazione si annidava nell’extra-scuola ed era rappresentato da smartphone e videogiochi e la scuola era, pertanto, un’occasione per mettere da parte gli schermi (salvo poi armarsi di LIM, tablet, computer e connessioni wi-fi, trasformandosi anch’essa in un luogo tutt’altro che sicuro ai fini del benessere psicoemotivo e sociale dei bambini, in nome della tanto agognata “innovazione), con l’arrivo del covid-19 la digitalizzazione si è imposta a pieno titolo in ogni campo, trasformando le nostre vite in un surrogato virtuale della realtà.

DAD: punto d’arrivo o di non ritorno?

Il 2020 è stato l’anno della DAD (didattica a distanza) che poi ha cambiato sigla diventando DDI (didattica digitale integrata), mantenendo però la stessa sostanza: così facendo ogni allarme è stato spazzato via e la DAD è stata istituzionalizzata e legittimata per tutti. Bambini in primis.

Il virus e le conseguenti misure restrittive di sicurezza, che via via hanno perso la loro finalità sanitaria, hanno convinto tutti che il virtuale sia l’unica alternativa al reale; anzi, sembra che il reale, quello a cui eravamo abituati, non esista più e non debba esistere più.
Il più grande rischio, diventato ormai una certezza giorno dopo giorno, è che tali modalità virtuali (comunicazione, lavoro, insegnamento, apprendimento) smettano di essere emergenziali e diventino normalità, una “nuova normalità”, come si sente dire in ogni occasione.

La scuola è diventata virtuale, l’incontro con i genitori è diventato virtuale, gli incontri collegiali sono diventati virtuali. Le attività extra-scolastiche, le attività sportive sono diventate virtuali. C’è già chi avanza proposte di gite scolastiche virtuali, feste di compleanno virtuali, visite culturali virtuali. E tutto si accetta, si istituzionalizza e si saluta come alternativa salvifica per tutti noi.
La dimensione emotiva e quella sociale gradualmente spariscono in nome di un’emergenza sanitaria, ormai protratta nel tempo e che promette di restare a lungo. 

Molti docenti, genitori, studenti auspicano una DAD a oltranza per timore dei contagi. I politici, dal canto loro, propongono pseudo-soluzioni che non fanno che dimostrare l’inefficacia delle stesse e le innumerevoli falle del sistema- scuola. Il punto d’arrivo è sempre lo stesso: la DAD.

Bambini e adolescenti in trappola

Intanto bambini e adolescenti sono esausti, demotivati, depressi e in trappola. Sempre più isolati e sempre più connessi, i nostri figli sono costretti a stare ore davanti agli schermi, fermi, attenti e produttivi.
Considerati quasi dei potenziali “untori”, si è vietato loro di abbracciare i nonni, i parenti, gli amici. Si è vietato loro di vivere!
Senza più scuola, attività motoria, gruppo dei pari, bambini e soprattutto adolescenti rispondono con un silenzio che probabilmente ha solo la parvenza del consenso e dell’obbedienza. Silenzio che potrebbe diventare abulia, apatia, depressione. Oppure, nella peggiore delle ipotesi, potrebbe portare all’esplosione, allo scoppio dell’aggressività, delle psicosi e degli istinti repressi.
E allora avremmo altre emergenze di natura psicologica o psichiatrica, e dunque sociali, ben più serie e più gravi, che interesseranno un’intera generazione, quella più fragile e vulnerabile.

Il fatto che ogni azione, ogni attività della vita reale sia mediata dalla rete e dal dispositivo digitale crea tutti i presupposti di dipendenza a largo raggio.

La dipendenza dagli schermi, che si cercava di combattere, è ormai legittimata, ma non va sottovalutato o addirittura ignorato, come di fatto avviene, che essa è correlata a comportamenti e stati disfunzionali come ansia, depressione, alterazione dei ritmi sonno-veglia, privazione del sonno, obesità, isolamento. Effetti resi ancora più gravi dagli stili di vita che sono stati imposti in questi mesi: distanziamento sociale, mascherine, divieti d’ogni genere.

Il caso degli hikikomori

L’eccessiva digitalizzazione, la dipendenza dagli schermi erano state già individuate in molti casi come anticamera di condizioni psico-patologiche gravi come l’hikikomori, cioè il ritiro sociale e psicologico di cui sono protagonisti sempre più adolescenti e giovani.

Nel contesto hikikomori internet e il mezzo digitale sono alleati preziosi in quanto consentono di mantenere tale stato di isolamento e proteggono dal mondo esterno, […] è un canale di comunicazione e contatto che non espone il soggetto al confronto sociale, proteggendolo dal rischio di esporsi fisicamente ed emotivamente.

Se fino a un anno fa l’isolamento di molti bambini e ragazzi digitali era per lo più emotivo e, nei casi gravi, come per i soggetti hikikomori, anche fisico, adesso l’isolamento che stanno vivendo i nostri figli a partire da marzo 2020 è forzato, imposto, collettivo, accettato come misura inevitabile per non esporsi al contagio.

La responsabilità degli adulti, genitori e insegnanti

I nostri figli stanno vivendo una pseudo-vita, mentre la loro linfa vitale viene risucchiata. Stanno pagando con la loro salute psicologica e fisica (l’isolamento, il distanziamento, la mascherina, indeboliscono il sistema immunitario; le ore davanti agli schermi danneggiano la vista e il sistema muscolo-scheletrico) le falle di un sistema politico e sociale marcio e corrotto.

Fino a quando? Fino a quando potremo ancora essere testimoni inermi (o complici?) di tutto questo?
Chi, se non noi adulti, dovrà proteggerli e salvaguardarli?
Non dovremmo essere oltremodo preoccupati del fatto che le vite dei nostri figli stiano diventando solo ed esclusivamente virtuali?
Perché, come docenti, ci meravigliamo del fatto che molti ragazzi si stiano perdendo? Che molti siano demotivati e poco attenti? Cos’altro ci aspettavamo? 

Se considerassimo il fatto che l’uso pervasivo delle tecnologie in età evolutiva è correlato a depressione, calo dell’attenzione e della concentrazione, disturbi d’ansia e depressione, forse giudicheremmo in modo diverso i nostri ragazzi e faremmo qualcosa per opporci a tutto questo.
Studi recenti (2018) del National Institute of Health hanno messo in luce alcune modifiche strutturali, come per esempio l’assottigliamento della corteccia cerebrale (ossia dell’area deputata all’elaborazione delle informazioni attraverso i cinque sensi), in bambini che trascorrono quattro ore davanti agli schermi. 

Questo fenomeno collegabile alla diminuzione dei neuroni e delle funzioni cognitive, è riscontrabile di solito nelle persone anziane.

Il movimento, i contatti sociali, la relazionalità, il rispecchiamento nel docente e nei compagni, l’emozione, il sorriso sono fondamentali per l’apprendimento e la sana crescita psicofisica.
Aggiungiamo poi gli effetti delle onde elettromagnetiche, altro tema ignorato dai più, cui sono sottoposti i nostri figli in termini di disturbi d’ansia, di memoria, calo dell’apprendimento, emicrania, debolezza, minore trasporto d’ossigeno.
Se si fosse tenuto conto di tutti questi fattori e rischi, non si sarebbero fatte certe scelte, neanche di fronte a un’emergenza.

Perché non riusciamo, come società, a pretendere con tutte le nostre forze, che i nostri figli riabbiano la scuola e si riapproprino delle loro vite? 
Stiamo scivolando in un abisso senza fondo e a pagarne il prezzo più alto saranno proprio loro, i nostri figli.
Dovremmo razionalizzare e dare un senso logico a tutto quello che sta accadendo e mettere al primo posto la scuola e i nostri bambini e ragazzi, al di là di tutto. 
Se non lo faremo, saremo tutti responsabili della devastazione psicologica di una generazione!


di Mena Senatore
Docente e autrice di Bambini digitali.

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