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homeschooling

L’apprendimento informale avviene al di fuori dei luoghi tipicamente preposti all’insegnamento, rappresenta un percorso personale e autonomo, spesso intimo e non immediatamente riconoscibile in superficie.
È lo stesso processo con cui i bambini acquisiscono le loro lingue materne: mediante l’esposizione al parlato e attraverso l’interazione libera con parlanti madrelingua. Secondo la maggior parte degli studiosi, questo è il miglior modo di sviluppare alcune caratteristiche personali e molte competenze chiave (tra l’altro anche la famosa “imparare a imparare”), ma pure il pensiero divergente e la creatività, le funzioni esecutive, le cosiddette life skill, le soft skill. È il modo più naturale di imparare, in sintonia con le leggi biologiche.
Alcuni degli strumenti più potenti di apprendimento sono il gioco libero, la conversazione, l’osservazione, l’esplorazione, il “learning by doing”. L’apprendimento informale è considerato talmente efficace che anche la scuola sarebbe formalmente tenuta ad aprirsi a questa modalità: così sono nati i cosiddetti “compiti di realtà”.

Homeschooling o unschooling?

L’homeschooling e l’unschooling sono due tipologie di apprendimento parentale. Sono entrambe due forme di istruzione gestite direttamente dalla famiglia, che tengono conto dei bisogni e delle aspirazioni sia della famiglia che del bambino, declinandoli all’interno delle cosiddette competenze chiave.
Molti genitori hanno la fortuna di informarsi in modo approfondito e articolato sulla natura dell’istruzione parentale, talvolta ancor prima che i loro bambini facciano l’esperienza scolastica. In questi casi il piccolo spesso prosegue ad apprendere in modo informale, senza interrompere il processo naturale con il quale ha imparato la lingua materna, il senso dello humor, la base delle relazioni interpersonali e molto altro. Questo approccio corrisponde a quello che si chiama unschooling.
In altri casi, i genitori danno avvio al percorso di homeschooling dopo alcuni anni di frequenza scolastica e, a volte, immaginano di dover riproporre in ambito domestico le modalità della scuola. Per questo organizzano un insegnamento da parte di un docente, di un tutor, o di un educatore, una precisa scansione oraria dei momenti di studio, una distinzione netta fra spazi e tempi dedicati all’insegnamento e spazi e tempi di non-insegnamento, delle tematiche pre-organizzate e suddivise in materie scolastiche, degli obiettivi e traguardi pre-confezionati da un adulto, raggiungibili attraverso esercitazioni, simulazioni, test, magari persino monitorati. Tanti di questi genitori si affidano a “esperti”, a “tecnici dell’insegnamento”, pedagogisti, docenti; oppure fanno ricorso a scuole parentali di varia natura e con varie connotazioni.

Quando l’homeschooling non funziona

Quando si tenta di portarsi a casa la scuola, può succedere che non funzioni: non sempre ciò che è efficace in un contesto altamente formalizzato e strutturato lo è anche in un ambito diverso. Intanto il luogo in cui si svolge la docenza, gli strumenti di studio, la relazione alunno-insegnante sono decisamente meno formali che a scuola. Poi, l’insegnamento a casa, in un rapporto praticamente di uno a uno, è estremamente intenso e profondo, quindi poche ore possono bastare per raggiungere gli obiettivi didattici previsti e inevitabilmente ci si ritrova ad avere molto tempo non organizzato.
Il tempo “vuoto” è tempo di apprendimento informale: è fatto di osservazione, gioco libero, bricolage, esplorazione, sperimentazione, conversazione, lettura per piacere, passeggiate e molte altre attività quotidiane. Esse sono tutte svolte nel proprio contesto di vita, che non è solo la casa di abitazione, ma anche la città o il paese, il posto in cui si passano le vacanze; è costituito dai luoghi, dalle persone, dalle loro relazioni, dagli avvenimenti che li attraversano, dagli animali e dagli altri esseri viventi.

Apprendimento informale: benefici per tutti

InsegnamentoMolto spesso, dopo un certo periodo, i bambini mostrano un crescente disinteresse per l’insegnamento formale: sono svogliati, non svolgono le attività, arrivano in ritardo, dimenticano il materiale, proprio come a scuola. In parallelo, si appassionano però al nuovo stile di apprendimento, informale, più naturale e in sintonia con le leggi biologiche, estremamente efficace perché contestualizzato, gratificante perché il bambino ne è protagonista, sociale perché nasce dall’interazione con l’ambiente di vita e con la gente che lo abita.
Dal canto loro, i genitori gradualmente colgono l’enorme quantità di opportunità di apprendimento sottese alle attività quotidiane. Cominciano a rivalutare il ruolo chiave nello sviluppo della persona del gioco libero e spontaneo, dell’esplorazione e della sperimentazione, dei lavoretti in casa, della lettura per piacere. Riscoprono il valore della conversazione, dove grandi e piccoli si possono esprimere liberamente in un contesto democratico. Così,spesso i genitori si stupiscono di quanto i bambini imparino in autonomia, di quanto tale apprendimento informale sia efficace e profondo, frutto di una riflessione attenta, ragionata e sottoposta a verifica. Scoprono che i loro figli acquisiscono conoscenze e competenze che vanno ben oltre le semplici materie scolastiche, oltre la pluridisciplinarità, oltre la stessa offerta formativa famigliare, oltre le occasioni scelte consapevolmente.

L’adozione di uno stile di apprendimento informale

Con il tempo, sia genitori che figli iniziano a fidarsi di questo approccio, a sperimentarlo, a registrarne i benefici, a dedicargli più tempo ed energie, più risorse. Esso quindi prende sempre più piede, mentre lo studio formale si riduce gradualmente. In alcuni casi, lo studio di tipo scolastico si limita a un paio di materie, in altri scompare del tutto. Naturalmente, non è per tutti così: ci sono situazioni in cui questo cambiamento non avviene.
Così, il bambino comincia a studiare la storia, per esempio, non più in ordine cronologico, ma approfondendo in autonomia i grandi temi che di volta in volta lo appassionano: una particolare mitologia, una dinastia, le forme di governo, i cavalieri medievali, i castelli e le principesse, i pirati, la mafia, e così via. Non studierà su un solo libro, quello scelto dai docenti, ma ne troverà diversi in biblioteca, li sceglierà lui, li approfondirà e li integrerà con ulteriori materiali come audiovisivi, documentari, racconti fatti da altri, immagini, e così via.
Imparerà la numerazione e il calcolo, non in astratto, ma nel contesto in cui questi vengono impiegati per facilitare la vita delle persone e la loro interazione. Userà i numeri per il gioco, gli acquisti, la preparazione di cibi o altre attività che richiedono la quantificazione, la misurazione e la rappresentazione grafica.
I genitori, dal canto loro, imparano a riconoscere l’enorme quantità di sapere e di saper fare, di abilità e di competenze racchiusa in queste esperienze. Studiano le Indicazioni nazionali e le otto competenze chiave per meglio relazionarsi con l’istituzione scolastica ed essere in grado di dimostrare l’assolvimento del dovere di istruire i figli, e come tradurre in termini adeguati le conoscenze e competenze dei figli, anche per il progetto didattico-educativo.


di Nunzia Vezzola
Autrice, docente di scuola superiore e socia fondatrice di LAIF Associazione Istruzione Famigliare.

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