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svezzamento naturale

Lo svezzamento, cioè il passaggio da un’alimentazione esclusivamente a base di latte a una che comprenda anche cibi solidi, è una tappa fondamentale nello sviluppo del bambino.
Ne esistono ormai di diversi “tipi”, ma spesso questa varietà confonde i genitori, indecisi su quale scegliere e su quale sia la modalità migliore da proporre al bambino: svezzamento classico, autosvezzamento, naturale?
L’inizio dello svezzamento, poi, può essere vissuto dalla famiglia con ansia o frustrazione, preoccupazioni spesso collegate a informazioni incomplete o errate o a diverse situazioni, per esempio se da subito il bambino non mangia tutta la quantità di pappa indicata dal pediatra.
Tutto questo dosare e programmare fa dimenticare a mamma e a papà una nozione di base molto importante: l’alimentazione è uno dei processi più naturali che esistano nella vita di ogni essere vivente e va vissuta in quanto tale.
In questo articolo parliamo di svezzamento naturale, quella modalità che, pur rispettando la gradualità di inserimento degli alimenti, ha un andamento più “libero”. Vediamo insieme quando è meglio iniziare, come è organizzato e se c’è un particolare schema da seguire. In ultimo, qualche consiglio su come affrontare i rifiuti e su come evitare comportamenti contraddittori.

Svezzamento naturale a 6 mesi?

Nonostante da più di dieci anni l’OMS, l’UNICEF e la Commissione Europea abbiano ormai fissato al 6° mese di vita compiuto l’età al di sotto della quale non si dovrebbero assolutamente introdurre alimenti solidi e semisolidi nella dieta dei lattanti (che fino a quell’età dovrebbero assumere esclusivamente latte materno o formulato), ancora oggi in Italia molti bambini iniziano a essere svezzati addirittura al 3°-4° mese di vita.
Lo svezzamento naturale dei neonati, se con il termine “neonato” si indica quel periodo di tempo che varia a seconda delle specie ma comunque compreso, per i mammiferi, entro il periodo dello svezzamento, è una sorta di svezzamento a richiesta che consiste nell’offrire piccoli assaggi di cibo per volta, senza aderire a troppi schemi, ma seguendo un’idea di autoregolazione.
Ovviamente, l’offerta del tipo di cibo è sempre guidata dall’adulto che solitamente, se sceglie questa modalità, propone al bambino quello che mangia tutta la famiglia, senza preparare la classica pappa diversa e senza acquistare alimenti specifici per l’infanzia, cercando, però, di adattare il pasto alle esigenze del più piccolo: le preparazioni, infatti, devono essere semplici e gli alimenti salutari e adatti all’infanzia.
Lo svezzamento diventa così un’occasione per ripensare (ed eventualmente migliorare) le abitudini alimentari di tutta la famiglia; per imparare, per esempio, a leggere le etichette dei prodotti alimentari: i genitori, più di tutti, devono infatti resistere ai continui bombardamenti del marketing che propone alimenti e bevande pensati ad hoc per l’infanzia, ma che spesso invece contengono zuccheri o apporti eccessivi di proteine. Per vivere meglio questa delicata fase della crescita bisogna essere consapevoli che cominciando con l’alimentazione complementare il bambino non perderà il “vezzo” (cioè il piacere) del seno: offrire le prime pappe non significa infatti “basta latte” che rimane la sua principale fonte di nutrimento.
Questo passaggio fondamentale, ma graduale, dal latte ai cibi solidi, indica invece la prosecuzione di un fantastico viaggio di scoperta ed esplorazione iniziato mesi prima con il latte materno.
Ogni bambino ha il suo tempo, che deve essere riconosciuto e accolto tenendo conto delle progressive acquisizioni di competenze. Il percorso, poi, è variabile e non tutti i bambini sono ugualmente attratti dai nuovi alimenti, quindi il latte potrebbe continuare a rappresentare la parte preponderante dell’alimentazione per un tempo anche molto lungo.

Svezzamento naturale: lo schema

Esiste quindi uno schema per lo svezzamento naturale se, abbiamo detto, è una modalità di proposta degli alimenti solidi con un andamento più “libero”?
In generale, più che di ricette standardizzate o di uno schema prefissato sullo svezzamento, i genitori dovrebbero imparare a riconoscere, attraverso l’osservazione del loro bambino, il raggiungimento delle nuove competenze. Competenze che si attivano su diversi piani:

  • piano anatomo-funzionale: possibilità di masticazione e di scelta sulla direzione del cibo, dentizione, movimenti di masticazione, chiusura delle labbra sopra il margine della tazza o del cucchiaino;
  • piano neuro-funzionale:possibilità di spingere fuori dalla bocca o in faringe il cibo solido, perdita del riflesso unidirezionale di estrusione dei solidi;
  • piano relazionale: la capacità di imitare l’altro;

Quando il bambino avrà raggiunto tali capacità (spesso anche dopo il 6° mese compiuto!) si potrà iniziare a proporgli cibi semisolidi e solidi diversi dal latte materno.

Consigli sullo svezzamento naturale dei neonati

E se non mangia tutta la pappa?
Allo stesso tempo potrà capitare che il bambino, perfettamente raggiunte le competenze sopra elencate, rifiuti il cibo propostogli.
In questo caso, è bene considerare che il senso del limite è di grande aiuto alla formazione della personalità: quando un bambino rifiuta un cibo, pur mostrandosi affamato, bisognerebbe provare a dargliene un altro del tutto diverso; se rifiuta anche questo, portare via il piatto, con gesto deciso, ma non rabbioso e non dargli altro, non una terza o quarta proposta, come molti fanno, stimolando il gioco del “no contraddittorio”.
Fondamentale sarebbe ogni volta decifrare i veri motivi del suo rifiuto, senza usare troppe parole, prediche, raccomandazioni, espressioni di ricatto, e da evitare assolutamente è “il muro contro muro”: è meglio che salti un pasto (non succede nulla per qualche volta, vista anche l’ipernutrizione cui è spesso sottoposto un bambino), ma che intuisca che è l’adulto a dare le regole. Al pasto seguente si potrebbe preparare qualcosa che di sicuro mangerà volentieri, mentre con il cibo respinto riprovare vari giorni dopo.
I bambini molto piccoli hanno i loro tempi e anche i loro gusti, scegliere uno svezzamento naturale significa rispettarli, significa presentare il momento della pappa come un’occasione per imparare a mangiare come i grandi, a cominciare dall’esperienza di convivialità (sedersi a tavola) che si propone e durante la quale si provano, piano piano e con pazienza, diversi tipi di piatti.
Semplificando, i vantaggi sarebbero:

  • Assecondare i bisogni del bambino perché i genitori cercheranno di capire innanzitutto quali siano i suoi tempi e i suoi bisogni, mettendo lui al centro e non l’adulto.
  • Incoraggiare l’intera famiglia a provare menu sani e più vari, senza distinzioni tra grandi e piccoli che provano insieme pietanze nuove ogni giorno (con un grande risparmio di tempo anche per chi sta ai fornelli).
  • Fare a meno dei processi schematici, seguendo l’idea dell’autoregolazione: per i piccoli alimentarsi è infatti un atto naturale.

Le difficoltà che si incontrano con lo svezzamento, quindi, di solito hanno a che fare con il fatto che il bambino non sia ancora pronto per le prime pappe.
Bisogna però avere fiducia in lui, nei suoi gusti e nei suoi tempi perché quando desidererà passare ad altro e pian piano abbandonare il latte, lo farà capire forte e chiaro!
L’importante è non perdere la calma e non vivere come un fallimento personale i suoi rifiuti: è comprensibile la frustrazione di veder lasciato nel piatto quanto preparato con amore, ma mostrare disappunto, se non addirittura collera o tristezza, rischia di trasformare il momento del pasto in una situazione di stress e il cibo in strumento attraverso cui sfogare ansie e frustrazioni.

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Un commento

    • Loredana

    • 2 anni fa

    Non mi sembra molto diverso dall’autosvezzamento. Quali sono le differenze? È che in questo caso non è il bambino a “chiedere” cibo dal piatto dei henitori ma i genitori preparano un piattino anche per lui? O è in altro modo di chiamare l’autosvezzamento?

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