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Riflessioni a partire dalle opere di John Holt

La rubrica Io faccio scuola a casa cambia nome! Pensata per insegnanti, genitori, educatori e curiosi è ora curata da Nunzia Vezzola, docente di scuola superiore da oltre venticinque anni, madre di ragazzi homeschooler e socia fondatrice dell’Associazione Istruzione Famigliare, la prima associazione homeschooler in Italia. Io faccio homeschooling raccoglie i suoi interventi per condividere la propria esperienza di insegnante e di mamma, le sue conoscenze, le sue riflessioni e letture.


Parola chiave: accesso.

John Holt, uno dei più grandi teorizzatori dell’apprendimento autoguidato in famiglia (unschooling), spiega che “ciò che gli adulti possono fare per i bambini è rendere sempre più accessibile e trasparente il mondo e la gente in esso. La parola chiave è accesso: alla gente, alle esperienze, ai posti in cui lavoriamo, a quelli in cui andiamo – città, Paesi, strade, edifici”¹.

Infatti, “noi abbiamo molta più esperienza [di loro, ndr]. Sappiamo dove sono le cose”. E quello che i bambini si aspettano da noi è, appunto, che mettiamo a disposizione questa geografia di punti di riferimento e di percorsi esplorativi possibili, che rendiamo trasparenti i significati e i meccanismi di funzionamento. I bambini toccano, provano, guardano, manipolano, aprono, smontano…chiedono perché il mondo dei grandi funziona così, vogliono poter accedere al senso delle cose e della vita, ai meccanismi di funzionamento, ai significati profondi. Questa fase investigativa è, non solo un’esigenza lecita, ma una richiesta che risponde ad un bisogno vitale, come confermano le neuroscienze: la Natura ha programmato il cervello del bambino perché possa imparare a conoscere questa Terra e gli esseri viventi in essa, affinché possa viverci. Le richieste dei bambini non sono “capricci”, ma un’adesione alle leggi della biologia.

La “chiave di accesso” non è la stessa cosa dell’arte di proporre: infatti, mentre la prima è la risposta adulta ad un’esigenza del piccolo/giovane, la proposta di un’attività, di una lettura, di un laboratorio (o workshop), corrisponde soprattutto ad un desiderio di istruire insito nell’educatore. La proposta, nella maggior parte dei casi, è un aiuto non richiesto, quindi non sempre opportuno: quando proponiamo materiali, iniziative, gite, dobbiamo sempre essere pronti a ricevere un rifiuto o un interesse passeggero; ci vuole molta sensibilità e delicatezza, ma anche un po’ di fortuna, per ottenere un’adesione entusiastica e persistente. Se invece sappiamo consentire l’accesso al mondo, al nostro mondo di “grandi”, certamente andiamo incontro ad un bisogno naturale, biologico e psicologico, ed otterremo risultati apprezzabili.

Sarà necessaria un po’ di fantasia, ad esempio, quando sono più piccoli, organizzandosi per coinvolgere i pargoli nelle faccende domestiche, oppure sospendendo momentaneamente la conversazione per ascoltare il bambino (e non reagire, come vuole questa nostra società non a misura di bambino, chiedendogli di pazientare perché noi siamo impegnati). Un’abitazione accogliente per i piccoli non è piena di giocattoli, neanche costosi o di marca, né di videogiochi o di box, ma è un luogo per la maggior parte accessibile al bambino, in cui quasi ogni angolo, armadio, cassetto può essere oggetto di esplorazione e di gioco senza che questo comporti una sofferenza nell’adulto.

E questo “rendere accessibile e trasparente il mondo” si realizza non ad intermittenza o ad orari stabiliti, non quando ne abbiamo voglia noi o quando c’è tempo, ma sempre quando c’è continuità relazionale: durante il week end e le ferie, la sera, in macchina mentre guidiamo, in ogni momento se non ci sono barriere il bambino/ragazzo può ascoltare, vedere, partecipare alla nostra vita di adulti.

I bambini che fanno apprendimento autoguidato in famiglia (homeschooling o unschooling) hanno appunto diritto di accesso al mondo e alla società: insieme ai genitori vanno, ad esempio, in comune e si informano, per quanto lo consente la loro età, sull’espletamento delle pratiche, vanno dal meccanico con papà (o con mamma) e chiedono di vedere il motore, oppure vogliono sapere perché ci vogliono l’olio e l’acqua per far funzionare un’automobile; vanno a trovare i nonni, ascoltano le loro storie e li aiutano se necessario. Fanno la spesa, seguendone tutte le fasi: dall’analisi dei bisogni, alla registrazione della necessità di un prodotto (lista della spesa), alla scelta informata del fornitore, all’acquisto vero e proprio e al pagamento, fino al trasporto e allo stoccaggio. Se vanno a fare un giro in bici con gli amici e uno dei mezzi necessita di manutenzione o riparazione, sanno analizzare la situazione, pensare la soluzione e usare la cassetta degli attrezzi per trovare gli strumenti necessari all’eliminazione del problema.

L’accesso al mondo “alla gente, alle esperienze, ai posti in cui lavoriamo, a quelli in cui andiamo – città, Paesi, strade, edifici” si attua, inoltre, anche attraverso un viaggio a misura di bambino/ragazzo, oppure mediante un incontro, uno spettacolo, una visita al museo, come pure, perché no, attraverso la frequentazione o la visita del luogo in cui i genitori lavorano.

L’homeschool non è una “scuola” trasferita dentro alle mura domestiche, ma una crescita insieme al bambino dentro alla vita quotidiana, un cammino insieme, senza relegare il pargolo ad un ruolo di spettatore o rinchiuderlo dentro a dei recinti dove gli sia concesso di essere accudito e intrattenuto o ammaestrato.

L’accesso negato è fonte di frustrazioni: il bambino sente che il bisogno di scoprire viene ostacolato e rischia di considerarsi non adeguato al mondo adulto.

Il fatto di consentirgli l’accesso alla nostra vita tranquillizza il bambino, risponde ad una sua necessità biologica, lo fa sentire “grande” e importante, gli dà sicurezza, contribuisce ad aumentare la sua autostima, diventa occasione di scoperte entusiastiche, di esperienze cognitive che innescano un processo di apprendimento irreversibile ed efficace.

di Nunzia Vezzola, docente di scuola superiore e socia fondatrice dell’Associazione Istruzione Famigliare – www.laifitalia.it.


¹ Tutte le parti tra virgolette in questo articolo sono citazioni tratte da: John Holt, Learning all the time, Da Capo Edizioni, 1989, pag. 127.

Commenti (2)

    • Robi

    • 3 anni fa

    Invece i bambini scolarizzati non hanno accesso al mondo e alla società? Non vanno a trovare i nonni o a fare commissioni con i genitori? Ma che razza di “articolo” è questo???

      • Nunzia

      • 3 anni fa

      Buongiorno Robi,
      Ha ragione: chi va a scuola fa in effetti tante cose molto belle!
      Tuttavia, il senso di questa rubrica è quello di riflettere su ciò che fanno gli unschooler e gli homeschooler; non vogliamo stilare classifiche o fare a gara su chi fa meglio cosa. Solo cercare di capire come avviene l’apprendimento nell’homeschooling e nell’unschooling.
      Un caro saluto.
      Nunzia.

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