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Maria Montessori e l’educazione al consenso

L’educazione al consenso andrebbe insegnata fin dall’infanzia: Maria Montessori sottolinea l’importanza del rispetto della volontà del bambino, che può accettare o rifiutare il contatto con l’adulto e con i pari in accordo con la sacralità della dignità personale.
In questo articolo Fiorella Bonsi, educatrice montessoriana, ci fa riflettere sul ruolo cruciale dell’adulto nell’insegnare il rispetto degli spazi dell’altro e la possibiltità di scelta sul proprio corpo.

Posso darti un bacio?

«Maestra, ti ho portato un disegno».
Chiara me lo porge all’inizio del nostro incontro settimanale di yoga educativo. Mi emoziono molto: ha disegnato la rosa del Piccolo Principe e me l’ha donata.
Le chiedo: «Chiara, posso darti un bacio per ringraziarti?».
In questi anni a fianco delle bambine e dei bambini ho imparato e sto apprendendo molto, a partire da me stessa. Scavo dentro di me, rintraccio la mia storia personale, la mia bambina interiore e vado a ritrovare alcune memorie. Tramite l’esperienza e la formazione personale mi prendo cura del mio essere educatrice, proprio come Maria Montessori invita a fare quando parla della figura della maestra e della sua preparazione, una preparazione spirituale, proprio perché l’educatrice è a servizio dello spirito del bambino[1].

Chiedere il permesso è educare al consenso

Chiedere il permesso di contattare il corpo degli altri va certamente nella direzione dell’«aiutare il bimbo ad agire, volere e pensare da sé»[2].
Permette alle bambine e ai bambini di scoprire il proprio corpo, di entrare in contatto con le sensazioni che si avvertono quando si riceve un tocco, di provare il desiderio di riceverlo, di sentirsi legittimati nel farlo e in diritto di rifiutarlo.
In Montessori: perché no? Grazia Honegger Fresco raccoglie, tra i diversi testi, la conferenza dattiloscritta di Maria Montessori tenuta durante uno dei suoi ultimi corsi in India, nel 1947. La tematica affrontata è la formazione degli adulti, una formazione che, se vera, non è mai finita[3]. Un paragrafo intenso già dal titolo, La violenza delle carezze…, a cui ne segue un altro …e delle parole. Penso qui all’Analisi Transazionale secondo cui le carezze possono essere verbali e non verbali e grazie alle quali si può rispondere al bisogno di contatto e di riconoscimento, ma anche al contrario attraverso cui si possono provocare sensazioni spiacevoli e ferite dell’anima.
Maria Montessori, durante la sua conferenza, racconta di come all’inizio del suo lavoro portò avanti una campagna a tutela dell’infanzia contro le numerose forme di mancanza di rispetto alla dignità delle bambine e dei bambini. Afferma:

Tuttora si considera normale baciare i bambini, scompigliare loro i capelli, dare pacche sul sedere, pizzicotti sulle guance, giusto per simpatia. Cercai di far capire che il bambino ha la stessa dignità e gli stessi sentimenti di un adulto. La differenza è che gli adulti hanno maggiore potere e questo fa credere che certi modi di fare verso i bambini siano più leciti.

Maria Montessori

Sentirsi servitori del bambino, servitori del suo spirito, significa proprio spogliarsi di questo potere o, quanto meno, scegliere di non agirlo in tal senso. Maria Montessori prosegue:

“Ma loro sono bambini” è la solita risposta. È vero, ma essere bambini significa essere più delicati, avere una sensibilità ancora maggiore nei rapporti con gli altri. Gli adulti li toccano sempre sulla testa, li spingono in avanti o li tirano, li accarezzano, anche se i piccoli non ne hanno voglia. Uno dei diritti di una persona libera è che nessuno possa metterle le mani addosso senza il suo consenso.

Maria Montessori

Ecco, dunque, l’importanza dell’educazione al consenso, che passa necessariamente in primo luogo da noi adulti.

Il rispetto degli spazi personali

Prendersi cura delle bambine e dei bambini si traduce nel rispettare i loro confini, il loro corpo, i loro segnali di accettazione o meno a ricevere il nostro tocco. È compito nostro imparare a decifrare questi segnali, che non per forza passano da una verbalizzazione. Si pensi, per esempio, ai neonati e alla fase antecedente all’esplosione del linguaggio (attorno ai due anni circa): ci può essere il pianto, un divincolarsi, una serie di sbadigli, una tensione del corpo, un allontanamento (per esempio gattonando) o semplicemente un atteggiamento di interesse verso l’esplorazione dell’ambiente circostante e di ciò che vi è presente.
È importante altresì che le bambine e i bambini si sentano in diritto di rifiutare un contatto, di dire NO, non voglio, non mi piace. E di conseguenza è necessario che chi sta agendo quel contatto, quella carezza verbale o non verbale, interrompa subito il suo agito, sia che si tratti di un adulto che di un pari.
Non per forza i bambini e le bambine devono darsi un bacio a comando se è avvenuto un litigio, né sono tenuti a farlo con un parente o un amico di famiglia venuto a trovarli. Spesso queste richieste vengono fatte per “essere gentili”, ma la gentilezza e la cordialità si apprendono per imitazione e non per imposizione, soprattutto se la forzatura avviene a livello corporeo ed emotivo. Il contatto passa dal piacere, non dal dovere. È un messaggio che ogni bambina e bambino ha il diritto a ricevere.

Liberarsi e liberare dalle lodi e dalle critiche

Nelle righe sopra accennavo alla violenza delle carezze… e delle parole, come riportato da Montessori. Prendendo in considerazione questa seconda parte, Maria Montessori invita a “non parlare in modo dispregiativo di un bambino che sta di fronte a voi: non toccatelo alla guisa di un cagnolino per mostrargli affetto; non spingetelo dicendogli di andare dove volete voi e non esagerate nemmeno nelle lodi che rallentano la sua conquista dell’indipendenza”.
Uno dei passaggi per me più difficoltosi è stato il lavoro sul mio essere cresciuta come “brava bambina”: volevo sentirmi dire “brava” in continuazione, a conferma del mio valore, che era pari alle lodi ricevute. Liberarsi di questa brava bambina è stato (ed è) un cammino faticoso, ma ciò mi ha permesso (e mi permette) di offrire carezze non verbali diverse dall’etichetta “brava o “bravo” alle bambine e ai bambini che ho la fortuna di accompagnare.
Aiutare il bambino ad agire, volere e pensare da sé significa liberarlo dalle nostre lodi, dalla nostra approvazione. In questo modo il bambino può sentire autenticamente il piacere di ciò che sta facendo, un piacere fine a se stesso e non finalizzato a compiacere gli adulti di riferimento.
Nel concreto, un’alternativa alla lode può essere quella di porre l’attenzione sul suo operato, sul suo sforzo (e quindi sul processo e non sul prodotto): “ti sei proprio impegnato/a”, “ho notato che ti sei divertito/a molto a fare questa cosa” e via dicendo.

La cura passa dal nominare

Durante il tempo dell’infanzia dal corpo passa ogni apprendimento, ogni informazione, ogni sensazione, ogni scoperta. È un corpo che vuole muoversi, sperimentare, conoscere il mondo, conoscere chi c’è attorno. Eppure spesso questi corpi vengono costretti a stare fermi per molte ore, quasi dimenticati, anche a parole. Invece toccare, vedere, rintracciare, porta alla conoscenza, attivata e implementata grazie all’attività del nominare. In questo l’adulto ha una grande responsabilità: nominare le parti del corpo, nessuna esclusa, utilizzando i termini corretti, lavorando sui tabù, le censure e le sovrastrutture che ognuno di noi si porta inevitabilmente dietro dalla propria storia. Quando un bambino o una bambina inizia a dare un nome e attribuire un’identità a ciò che ha davanti, inizia anche a prendersene cura. Ecco allora che forse la conoscenza passa proprio da questo: dalla cura, dalla tenerezza, dal gioco.

Per un’educazione affettiva

Negli anni che ho vissuto e sto vivendo coi bambini e le bambine ho potuto sperimentare la potenza del contatto consapevole. Ho provato meraviglia davanti alla gentilezza di una voce che chiede il permesso prima di porre le mani sulla schiena per un momento di massaggio, stupore per un bambino che, posando le sue mani sul proprio ginocchio, rimane impressionato dalla sua forma, dicendo che non ci aveva mai fatto caso e che il corpo umano lo stava studiando sui libri. Bambine e bambini che si sono gradualmente sentiti in diritto di esplicitare come si sentivano, in quali parti del corpo amavano toccarsi o essere toccati e in quali parti invece provavano fastidio. Utilizzare il naso per riconoscere chi si ha a fianco, scoprendosi nella diversità e nell’unicità dei propri profumi e dei propri odori.
L’ascolto di sé e dell’altro va praticato quotidianamente attraverso il contatto, la voce, le condivisioni in cerchio, lo sguardo, il respiro. I sensi ci vengono ancora una volta in aiuto e ci mostrano la via: il corpo ci parla, il corpo ha bisogno di essere ascoltato e di entrare in relazione con altri corpi.
Una bambina o un bambino che sperimenta su di sé il piacere e il fastidio, la giocosità, la piacevolezza del contatto, o anche la chiusura e il bisogno di ritrarsi, sarà una persona che darà attenzione e rispetto a chi avrà di fronte.
L’educazione affettiva passa necessariamente da un’alfabetizzazione emotiva e spirituale e per farlo serve tempo.

Un’educazione alla pace

Le bambine e i bambini hanno diritto a un’educazione che metta al centro i bisogni, le emozioni, i sentimenti, gli stati d’animo, i desideri e i sogni.
Un’educazione che passa dall’esperienza, dal corpo, dalla mano, dal tocco buono.
Un’educazione gentile, amorevole e rispettosa.
Un’educazione che pratichi il chiedere il permesso, che veda l’altro come una persona distinta da me e di cui potersi prendere cura.
Un’educazione che legittimi a dire NO se una cosa non piace e che trasmetta che davanti a un NO bisogna immediatamente smettere di fare quella cosa.
Per usare le parole di Maria Montessori, di un’educazione alla pace.

Naturalmente, se un bambino vi mostra affetto e vuole donarvi un bacio, corrispondetelo, ma non prendete voi l’iniziativa. Ricordate sempre quale è il vostro posto e il limite del vostro potere. È la crescita stessa che lavora alla realizzazione di quel miracolo che fa di un bambino un adulto. […] L’adulto deve aiutare a far emergere quel meraviglioso essere che si nasconde in ogni bambino.

Maria Montessori

di Fiorella Bonsi
Educatrice Montessoriana, Insegnante di Massaggio Infantile AIMI, Educatrice Yoga e Mindfulness, specializzata in Pedagogia familiare®, Educazione e psicologia prenatale e perinatale, Operatrice della Nascita del Melograno in formazione e laureanda in Scienze Pedagogiche – Consulenza pedagogica.

Note bibliografiche
[1] M. Montessori, La mente del bambino, Garzanti, Milano, 2017
[2] Ibidem
[3] G. Honegger Fresco, Montessori: perché no, Il Leone Verde Edizioni, Torino, 2017

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