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Gran parte delle donne sa cos’è l’induzione del parto ancora prima di rimanere incinta.
Il parto indotto è l’induzione del travaglio con metodi artificiali in determinate condizioni (gravidanze oltre il termine, rottura anticipata delle acque, presenza di una qualche anomalia nella placenta ecc.). È una procedura delicata perché espone mamma e bambino a diversi rischi e, prima della sua esecuzione, il personale sanitario ha il dovere di valutarne il rapporto rischi e benefici, di informare la gestante e quindi decidere come procedere solo dopo aver concluso l’analisi.
L’ostetrica Sara Wickham, sulla rivista The Green Parent, spiega quali aspetti valutare per decidere se sia necessario indurre il parto medicalmente oppure no.

Il parto indotto è doloroso?

Non è come un normale travaglio

Potrebbe sembrare ovvio ad alcune persone, ma so per esperienza personale che non lo è per altre. Il parto indotto è molto diverso da un parto che inizia spontaneamente.
Prima di tutto, a una donna a cui si induce il travaglio si somministrano alcuni ormoni che possono provocare dolore più velocemente di quanto non succederebbe con un travaglio spontaneo. Gli ormoni sintetici non stimolano il rilascio degli antidolorifici naturali in una donna, come farebbero i suoi ormoni durante il parto spontaneo, e comprendono una serie di effetti collaterali, il che significa che una mamma a cui è stato indotto il parto va monitorata con più attenzione. Un maggiore monitoraggio, però, potrebbe limitare la sua autonomia di movimento e quindi aumentare lo stress e il dolore per concludere velocemente che la situazione le è sfuggita di mano.  

Sì, è doloroso

Le contrazioni causate dalla prostaglandina in gel o dai pessari, che sono spesso usati come primo strumento dell’induzione medica, possono diventare acute molto in fretta, provocando un impatto negativo sull’esperienza della donna. È infatti facile che la gestante si stanchi più velocemente di quanto accadrebbe in un travaglio spontaneo o si senta incapace.
Anche le contrazioni indotte dall’ossitocina possono essere molto forti e di solito c’è meno tempo per abituarsi rispetto a quando il parto inizia naturalmente.  

Quali sono i rischi?

“Indotto naturalmente” è un ossimoro

A volte c’è una buona ragione per cercare di indurre il parto e ci sono anche diversi modi di interferire su un travaglio spontaneo: se una donna usa olio di ricino o quotidianamente fa un po’ di stretching e le pulizie domestiche, allora sta cercando di indurre il parto con mezzi non di natura medica.
Siccome viviamo in una cultura che sminuisce continuamente i processi fisici delle donne è importante essere chiari sulle nostre intenzioni.

I rischi per le gravidanze post-termine

Negli studi condotti a riguardo, i risultati delle esperienze delle donne che hanno aspettato che il travaglio iniziasse spontaneamente e delle donne a cui è stato indotto erano così simili che nessuna delle ricerche individuali che comparavano il travaglio naturale a quello indotto sono state in grado di dimostrare il beneficio dell’induzione del travaglio.
È perciò molto discutibile il pensiero secondo cui le attuali norme che suggeriscono l’induzione del parto per le gravidanze oltre termine, prima ancora che siano passate 42 settimane, conferiscano qualche reale beneficio.

I rischi per le donne mature

L’ultimo punto su cui mi soffermo si rifà all’idea che le donne mature rischiano maggiormente di avere un bambino con dei problemi e che, proprio per questo motivo, si dovrebbe indurre il parto medicalmente.
È vero che alcuni studi suggeriscono che ci possa essere una correlazione tra l’età avanzata della mamma e un aumento di certi tipi di complicazioni, ma sarebbe utile fermarsi a riflettere a proposito. Alle donne più mature, di solito, si offre di essere monitorate e di intervenire già in ambulanza, il che può causare complicazioni. Le donne mature spesso possono anche avere altri problemi di salute (a volte chiamati comorbilità) ed è difficile stabilire se questi problemi e/o la loro età siano la causa di qualche complicazione. Gli studi che hanno indagato in questo senso non hanno sempre separato le questioni e, gli unici articoli che l’hanno fatto, prendevano in esame donne che avevano partorito anni fa e che potrebbero non essere comparate alle donne di oggi. C’è davvero una mancanza di dati validi sulla questione.


Dalla rivista The Green Parent, articolo di Sara Wickham

Traduzione di Francesca Fornero

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