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Bambini e smartphone a tavola, ma non solo

L’utilizzo costante di cellulari, e più in generale di dispositivi tecnologici, è una questione controversa che diventa ancora più complicata se a manipolare smartphone e tablet sono sempre più spesso anche i bambini in tenera età, laddove per tenera età intendiamo la fascia 0-3 anni.
Capita infatti di frequente di vedere bambini nel passeggino incollati a un piccolo schermo o di sentire frasi tipo “mio figlio non mangia nulla se non guarda il cellulare”.
Ma perchè oggi è così necessario l’aiuto di un cellulare, per esempio, per far completare il pasto al bambino? O per “tenerlo buono”?
Ne parliamo con Silvana Parisi, puericultrice e psicomotricista, che si occupa di mamme e bambini da più di trent’anni.

Un cervello in formazione

Innanzitutto, ciò che si trascura o si sottovaluta è che il cervello del bambino è in formazione.
Il bambino sotto l’anno spesso non sa parlare, ma paradossalmente sa già utilizzare uno smartphone. In questa fase della crescita, però, per lo sviluppo dell’intelligenza, la dimensione linguistica rivestirebbe un ruolo fondamentale: se il bambino impara a usare queste tecnologie prima di iniziare a parlare, il rischio è quello di focalizzare la conoscenza sul “qui e ora” dello stimolo specifico anziché sulle relazioni tra gli oggetti e la loro persistenza al di fuori del momento immediato di interazione.
Il mondo dei device rimanda al modello stimolo-risposta, a qualcosa di astratto, di molto diverso rispetto a un’associazione concreta, come pensare per esempio a un tavolo o a una sedia. L’utilizzo precoce di queste tecnologie, quindi, cambierebbe in maniera così radicale e profonda il modo di organizzare la conoscenza del bambino tanto da modificare la strutturazione della massa bianca del cervello, con il rischio di causare alterazioni in aree fondamentali per lo sviluppo del linguaggio, delle capacità di alfabetizzazione e delle funzioni esecutive.
Da notare che sono sempre più frequenti le segnalazioni da parte di docenti della scuola primaria che registrano la crescita del numero dei casi di dislessia, e in generale di problemi del linguaggio e nella lettura.
Si riduce poi la capacità di concentrazione, ma anche quella di attendere.
Con il tablet il bambino sviluppa il modello stimolo-risposta, mentre grazie alla facoltà di linguaggio può parlare anche di cose che non ha di fronte (può parlare di una bambola o di un’automobilina anche se non ce l’ha davanti agli occhi), con il device invece agisce immediatamente.
Il pedagogista Daniele Novara mette in guardia le famiglie dai possibili danni causati da un errato o smodato utilizzo dei cellulari. Gli smartphone possono diventare una vera e propria “droga” per il bambino: come dimostrano numerosi studi in ambito neuroscientifico, esattamente come tutte le sostanze che generano dipendenza, i cellulari disattivano le aree del cervello preposte al controllo per attivare, invece, quelle legate al piacere.

Le raccomandazioni della Società Italiana di Pediatria

La Società Italiana di Pediatria si è espressa sul tema pubblicando un documento ufficiale sull’uso dei dispositivi tecnologici (cellulare, smartphone, tablet, pc ecc.) nei bambini da 0 a 8 anni di età. In particolare, la posizione dei pediatri italiani contenuta nella pubblicazione uscita sulla rivista «Italian Journal of Pediatrics» è il prodotto di un’analisi che ha individuato effetti positivi e negativi sulla salute fisica e mentale dei bambini e, inoltre, l’età più appropriata per l’esposizione ai media e le giuste modalità.
Ecco le raccomandazioni principali della Società Italiana di Pediatria:

  • No a smartphone e tablet prima dei 2 anni, durante i pasti e prima di andare a dormire.
  • Limitare l’uso a massimo 1 ora al giorno nei bambini di età compresa tra i 2 e i 5 anni e a massimo 2 ore al giorno per quelli di età compresa tra i 5 e gli 8 anni.
  • No a programmi con contenuti violenti ed evitare soprattutto l’uso di telefonini e tablet per calmare o distrarre i bambini.
  • No al cellulare “pacificatore”, sì invece, all’utilizzazione di applicazioni di qualità da usare insieme ai genitori.

Demonizzare la tecnologia?

Come sempre il giusto mezzo dovrebbe essere la scelta migliore: demonizzare la tecnologia non servirebbe a nulla perché è ormai parte integrante della nostra quotidianità, ma utilizzarla con intelligenza e parsimonia è doveroso.
Ai genitori è richiesto senz’altro tanto impegno nel creare strategie utili a raggiungere gli obiettivi prefissati, ma mai a discapito della salute del bambino e con la consapevolezza che si possono concedere uno strappo alla regola: un conto è avvalersi di un escamotage per riuscire in qualcosa una tantum, un conto è far si che diventi il modus operandi per ottenere ciò che desideriamo.
Diciamocelo, se facessimo un’attenta riflessione sul perché utilizziamo questi mezzi per far mangiare il bambino (suo malgrado e a sua insaputa), per farlo stare fermo (perché?), per farlo addormentare (ammesso di non ottenere nel 99% dei casi l’effetto contrario), insomma per intrattenerlo in qualche modo, ci renderemmo conto che forse tutto ciò serve più a noi adulti e non di certo a nostro figlio. Un bambino ha da sempre necessità di sentirsi accolto e compreso, nelle richieste positive come anche nelle sue crisi, ha bisogno di manifestare il suo disagio, e noi adulti siamo sempre più impreparati ad accettare e a gestire tali momenti. Solo una relazione funzionale può generare un rapporto funzionale e, di conseguenza, crescere un bambino sereno e appagato in ogni sua manifestazione. Costa fatica, certo, ma è il compito a cui sono richiamati i genitori.


di Silvana Parisi
Puericultrice, psicomotricista, naturopata e sleep consultant certificata. Fondatrice del progetto Puericultrici italiane Newborn & Family care e del sito www.puericultricesilvana.it, si occupa di mamme e bambini dal 1989.

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